Era la calda estate del 1996. Il 25 luglio, per la precisione. Ad Atlanta (USA) Silvio Martinello stava per conquistare l’oro olimpico nella corsa a punti, di lì a poco Paola Pezzo, nel neo-nato Cross Country avrebbe stupito il mondo con il suo décolleté in “salsa azzurra” e, intanto, a Verbania, nasceva Filippo Ganna.
Uno dei tanti bambini del reparto di maternità piemontese, uno di quelli che se ne vedono ogni 20 anni, nati sotto la buona stella del Monte Olimpo; l’anno successivo, a Perth, in Australia, Silvio Martinello si metteva al collo l’ennesima medaglia d’oro di una splendida carriera. In pochi avrebbero pronosticato che quello per tanto, troppo tempo, sarebbe stato l’ultimo oro mondiale su pista in campo maschile. 20 anni dopo, l’Italia della pista, sotto la direzione di Marco Villa che di Silvio Martinello era il compagno di tante avventure, è tornata a ruggire.
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GANNA, L’ORO CHE NON TI ASPETTI – I campionati del mondo di Londra dovevano essere l’ultima chiamata per gli azzurri che ancora non avevano staccato il biglietto per Rio de Janeiro e, tra questi, c’erano senza dubbio i componenti del quartetto. I primi due giorni, con le super-prestazioni dell’inseguimento a squadre avevano inebriato l’ambiente di Casa Italia ma non erano servite a nulla, se non a far aumentare ancora di più in rimpianti per quella che avrebbe potuto essere una qualificazione e invece non lo è mai diventata.
Nessuno pensava all’inseguimento individuale. Specialità ormai depennata dal programma olimpico ma, comunque, ottimo banco di prova per atleti e tecnici. Qui è arrivato l’oro impronosticabile fino a poche settimane fa. Impronosticabile non per mancanza di fiducia nei confronti di Filippo Ganna ma perché il 4’16″127 (nuovo record italiano) fatto segnare dal verbanese è un risultato ben diverso dal 4’28”131 con cui era giunto secondo ai campionati italiani su pista lo scorso 4 ottobre e anche dal 4’27”027 con cui aveva chiuso in tredicesima piazza ai campionati europei il 15 ottobre 2015.
Da allora, da quei risultati, sembra passata una eternità per Filippo Ganna: 12″ in meno per una specie di “ritorno al futuro” con il 19enne piemontese all’altezza del maestoso Andrea Colinelli che proprio alle Olimpiadi di Atlanta 1996 aveva fermato i cronometri sul 4’19″699.
I segnali per Ganna, fisico possente, cresciuto gradualmente nelle categorie giovanili, strappato dal Team Colpack alla Viris Maserati nel corso dell’inverno con la complicità dello staff azzurro e della Lampre Merida, c’erano tutti ma partivano da ben più lontano. L’archivio di ciclismoweb.net, infatti, non ha dimenticato il 3’18”970 con cui Ganna conquistò il tricolore nella stessa specialità tra gli juniores, nel 2014. Allora si correva sulla distanza dei tre chilometri ma gli avversari, gente come Moschetti, Garavaglia, Sobrero e Bevilacqua, erano già a 10” di distanza. Con il tempo e il lavoro si è aggiunto un chilometro percorso in qualcosa meno di 58”… chapeau.
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VIVIANI MEZZA RUOTA PER L’ORO – L’altra faccia della sfolgorante medaglia d’oro di Filippo Ganna è il quarto posto di Elia Viviani nell’omnium. Qui si che si parla di piazzamenti pesanti in prospettiva olimpica ma il risultato è bugiardo. Nella pur giovane storia dell’Omnium, infatti, non si è mai visto un podio con tre atleti a parimenti, separati solo dal miglior piazzamento nella volata finale.
Giungere quarti alle loro spalle, staccati di appena due punti, e a mezza ruota dal vincitore dell’ultimo sprint brucia, e parecchio. Inutile nasconderlo: si tratta di una delusione cocente. Come se ce ne fosse bisogno, i fotogrammi del dopogara hanno acceso la polemica: un Mark Cavendish troppo motivato nello sprint finale e troppo amico di Fernando Gaviria lascia spazio a qualsiasi tipo di insinuazione. Ma resta il fatto che Viviani, in 16 volate ha totalizzato appena 9 punti, contro i 28 di Gaviria, i 55 di Kluge e i 51 di O’Shea.
In pista i numeri contano, e fanno la differenza. Specie quando l’ossigeno rimasto nelle gambe inizia a scarseggiare. La medaglia di legno, però, non deve pesare sul grande cuore azzurro di Elia Viviani: il veronese a Rio non sarà appesantito dalle gare con il quartetto e potrà così correre alla pari con avversari di assoluto valore apparsi però vulnerabili.
Quell’oro mondiale, a distanza di 19 anni, sarebbe spettato di diritto a Viviani ma il fatto che a regalarlo all’Italia sia stato un giovane come Filippo Ganna permette di comprendere quanto grande è stato l’esempio del campione del Team Sky che in tutti questi anni da solo, con il supporto dello staff di Marco Villa, ha tenuto alte le sorti della pista azzurra. Viviani ha tracciato la strada, tanti sono i giovani che lo hanno seguito: ora servono mezzi, professionalità e strutture per dare nuovo fiato al movimento su pista italiano. Bisogna continuare a portare in pista i ragazzi, permettere ai centri di avviamento di fare una attività degna di questo nome, formare tecnici preparati e regalare all’Italia un Velodromo coperto in grado di ospitare anche grandi eventi.
Perché l’Elia nazionale ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per conquistare l’oro a Rio de Janeiro, ma se quella medaglia servisse solo per farne bella mostra in bacheca, tutto finirebbe lì. E, per ricominciare, saremmo costretti a tornare tra le culle di qualche reparto di maternità a scovare il nuovo Filippo Ganna…
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