Finalmente è arrivata. Ieri, 22 settembre, il Tribunale Federale ha emesso la sentenza sul deferimento del sottoscritto Andrea Fin e, nel farlo, ha reso palese a tutti il modo con cui è governato oggi il ciclismo italiano. Non si tratta di una federazione nè, tantomeno, di una azienda: si tratta di un sistema totalitario nel quale è vietato parlare, confrontarsi, dissentire ed è vietato, perfino, raccontare le cose come stanno. Un totalitarismo nel quale vale solo la parola del capo e la narrazione (propagandistica) che esso ne fa.
ATTACCO ALLA LIBERTA’ DI STAMPA – La sentenza n. 1/2023 del Tribunale Federale composto dai sigg. Salvatore Minardi, Patrich Rabaini e Stefano Gianfaldoni, infatti, mi ha comminato una inibizione di 3 mesi e una ammenda di 1.500 euro, in qualità di tesserato FCI, per aver redatto un articolo recante l’effige del Presidente Dagnoni apposta sull’immagine del Marchese del Grillo (CLICCA QUI per rileggere l’articolo da cui è scaturito il procedimento federale).
Se la convocazione in Procura Federale dello scorso mese di maggio già appariva come un atto intimidatorio nei confronti di un giornalista regolarmente iscritto all’albo, la sentenza di condanna emessa ieri è un chiaro ed inequivocabile attacco alla libertà di stampa. Una libertà sancita e protetta dall’art. 21 della Costituzione Italiana che, però, sembra essere sconosciuta negli uffici federali dove si reputa colpevole chi scrive i fatti come sono avvenuti, sulla base di documenti chiari e incontrovertibili, o parla di questioni “scomode” che non allietano le giornate del Presidente.
Era il 1786 quando Leopoldo II, Granduca di Toscana, abolì il reato di lesa maestà (comportamento offensivo o irriguardoso nei confronti di chi non tollera critiche o di chi è o si ritiene superiore): ieri, 22 settembre 2023, a Roma, questo reato è stato re-istituito per punire un giornalista. Anzi, un vice-presidente di una piccola società di giovanissimi
HANNO FATTO TUTTO DA SOLI – Sin dall’inizio di questa vicenda (CLICCA QUI per rileggere l’articolo) ho chiarito personalmente che la mia tessera della FCI, in qualità di Vice-Presidente di una piccola società che nel 2023 ha messo in bicicletta 8 giovanissimi, non può in alcun modo essere usata come strumento per colpire l’attività giornalistica del sottoscritto. Mi si è imputato di aver parlato male (scritto in questo caso) del Presidente Dagnoni, cosa vietata ai tesserati FCI. Ebbene, mi pare evidente di aver scritto in qualità di giornalista non certo di vice-presidente e quindi senza utilizzare alcuna prerogativa da tesserato, bensì nell’esercizio della mia professione.
Il chiarimento, inviato al Presidente Dagnoni, a tutto il Consiglio Federale e all’Ufficio di Procura, non è bastato, gli organi di giustizia hanno seguito il loro percorso, fissando l’udienza e giungendo ieri alla sentenza. Da parte mia ho ritenuto opportuno non difendermi in questa sede perchè, lo ribadisco, rivendico la mia totale estraneità, in qualità di giornalista, ad un Tribunale Federale il cui intento è stato solo quello di limitare il mio diritto di scrivere e raccontare i fatti. Qualora voleste approfondire il tema vi consiglio di consultare questa pagina.
Attenzione, sia chiaro: se la FCI e il sig. Cordiano Dagnoni avessero ritenuto che su Ciclismoweb.net fossero state pubblicate delle notizie false o usate delle espressioni offensive, avrebbero ben potuto esercitare il diritto di replica ed eventualmente agire nelle sedi giudiziali. Ma, ad oggi, nulla di tutto questo è stato fatto per nessuno degli articoli che avete avuto il piacere di leggere in questi anni.
INIBITO, COSA CAMBIA? – L’aspetto più bello di tutta la vicenda è che, aldilà del principio espresso dalla sentenza, che è assolutamente inaccettabile in qualsiasi nazione moderna, questa decisione non ha alcun effetto sulla mia attività di giornalista che, per essere esercitata, non ha bisogno di alcuna licenza o autorizzazione federale. Pertanto continueremo a parlare di ciclismo su queste pagine, in TV e nei quotidiani, continuerete a vedermi alle gare tutte le settimane in tutta Italia dove continuerò ad intervistare atleti e dirigenti per raccontarvi tutto ciò che accade sui campi di gara.
Dal 2024, invece, la FCI avrà, di certo, un tesserato in meno: sono stato tesserato ininterrottamente dal 1993 (quando ero G1) al 2023 ma oggi sono io a non ritenermi più rappresentato da una Federazione che non ha ancora chiarito i motivi per cui è stata prima fatta e poi cancellata la tessera della moglie del Presidente, che non ha ancora dato risposte concrete sui 106mila euro che avrebbero dovuto essere spediti in Irlanda, che sperpera risorse per un ufficio di comunicazione faraonico quando l’attività di base continua a perdere pezzi, che archivia un procedimento nei confronti di un dirigente che attraverso un sistema di rimborsi chilometrici palesemente falsi si è appropriato per anni di soldi federali, che nomina un Commissario Straordinario della Lega Ciclismo che sta facendo di tutto tranne che ciò per cui dovrebbe essere nominato un Commissario Straordinario e che, ultimo, si è resa autrice di decisioni che non possono essere tollerate in un Paese civile e, tantomeno, da un movimento sportivo che si dovrebbe ispirare a principi di ben altro tenore.
INIBITO AL CONTRARIO – Infine, non poteva mancare il consueto “errore” federale. Il Comunicato emesso ieri dal Tribunale Federale fissa la decorrenza dell’inibizione di tre mesi dal 2 ottobre 2023 al 1 gennaio 2023. In pratica, non bastava che io fossi il primo giornalista inibito dalla FCI e, con ogni probabilità, il primo nella storia di tutte le federazioni sportive italiane, ho centrato un altro clamoroso record: sono il primo inibito “al contrario”.
La mia inibizione è già finita prima ancora di cominciare dal momento che la decorrenza è scaduta, come ha sottoscritto il Presidente Salvatore Minardi, il 1° gennaio 2023.
Sarà sicuramente un errore, esattamente come nei verbali del Consiglio Federale che riportavano il nome della Reiwa Management, e negli uffici federali ci sarà sicuramente la solita “manina” che correggerà questo errore in cambio, magari, di un ulteriore scatto di anzianità lautamente retribuito.
Intanto, però, il primato me lo tengo: sono “inibito al contrario” e la mia pena è scaduta prima ancora di iniziare. Tutto merito di questi signori, militanti di una Federazione Azienda, che nello scrivere tre righe riescono pure a sbagliare. Complimenti, bis, anzi lasciate perdere… meglio di no grazie.