Dal mondiale di Belricetto al mondiale di Cimetta di Codognè. Per il ciclismo under23 ed élite è sempre gara iridata. Perché in periodo di crisi e carenza di gare c’è la gara nella gara quella al fattore K, alle iscrizioni e con gli organizzatori. Ultima della serie la mail inviata appunto ai team dalla società organizzatrice di ridurre la presenza del numero degli atleti da 13 a 10.
Per dare la possibilità ai più squadre di correre. Sollevazione popolare, wathsappate nel gruppo dei direttori sportivi: “io non tolgo i miei, fallo tu”, “nessuno li aveva tolti quando avevo bisogno io”, e alla fine l’ennesima figura. Direttori sportivi e un presidente che li dovrebbe coordinare, che non trovano un punto d’accordo. E non fanno nulla per crescere. Ognuno pro domo sua.
C’è chi dice: “Se andiamo avanti così il nostro movimento avrà durata limitata”, oppure “Facciamo sinergia tra team e organizzatori, ma vai avanti tu che poi io mi adeguo”. Una svolta è necessario darla. Non si può continuare a far gara nella gara per un circuito di due chilometri con duecento corridori, kermesse da cento chilometri come una gara di juniores e tutto il resto a bordo strada a guardare. Davvero siamo arrivati al capolinea. O il nostro movimento dei dilettanti esce dalle ristrette visioni delle garette, quelle toscane ad esempio, allestite tirando una corda all’arrivo e con la sicurezza che lascia a desiderare, o i tanti circuitini e ci si confronta con l’estero, oppure meglio fare altro.
Ad esempio tra le soluzioni ci potrebbero essere gare miste con allievi e juniores, creando eventi unici, giornate dello sport o del ciclismo, in cui corrono tutti quanti insieme appassionatamente. Sinergia di fondi, con un palco, le transenne, radio corsa, moto al seguito, paghi uno prendi tre, sinergia di calendario, riduzione di spese, insomma un modo per dare un volto nuovo a un ciclismo che sta implodendo.
Oppure rimane solo una possibilità. Meno gare, qualità più alta e valigetta, macchinina e pedalare all’estero. Ma dopo Belricetto, domenica Codognè, prossimamente La Penna, e via di questo passo, ci sarà sempre più scontro tra tecnici di team, tra corridori in gara, tensioni, cadute , il dover vincere a tutti i costi per trovare sponsor o squadre.
E sarà un ciclismo alla morte tua vita mia, non più di crescita ma di agonismo puro dove purtroppo si rischierà di sparare tutte le cartucce a propria disposizione, falsando ciò che è il ciclismo che abbiamo sempre apprezzato. Forse la categoria dei direttori sportivi si deve mettere una mano sulla coscienza. O si cresce o si muore.