Oggi il Giro d’Italia e i suoi protagonisti hanno scritto un’altra giornata da dimenticare per il ciclismo. L’ormai tristemente famosa Borgofranco – Crans Montana, che avrebbe dovuto essere la prima vera tappa alpina, è stata storpiata, ridotta alla metà per timore di quello che avrebbe potuto succedere.
Lo schifo sta proprio qui. Non solo dalla corsa rosa si “scappa” per Covid-19 senza dare spiegazioni ma anche per delle suggestioni. Che in montagna possa nevicare a maggio inoltrato non è certo una sorpresa ma che gli atleti e chi avrebbe il dovere di rappresentarli e di guidarli decida di rinunciare ad una parte di percorso perchè “potrebbe nevicare” è francamente vergognoso.
Non ci sono giustificazioni. Non esistono app o votazioni a maggioranza che tengano. Che il Giro d’Italia non sia una passeggiata è chiaro ed evidente, lo sanno pure coloro che lo corrono a bordo di bici elettriche. Ma gli atleti e le squadre dovrebbero essere attrezzati e motivati per affrontarlo senza timore per la pioggia o per il sole.
Oggi Mauro Vegni e le organizzazioni che rappresentano i corridori avrebbero dovuto decidere autonomamente sulla base di dati oggettivi e certi e avrebbero dovuto avere la forza per imporre questa decisione.
Che gli atleti siano prima di tutto degli uomini è altrettanto indiscutibile ma l’ultimo scandalo del mondo delle due ruote richiama i rappresentanti di atleti e organizzatori alle proprie responsabilità. Non può bastare una votazione a maggioranza da parte del gruppo per cancellare una tappa o per modificare un percorso: rappresentanti degli atleti e organizzatori in questa situazione si devono assumere le proprie responsabilità e devono saper guidare il gruppo nella giusta direzione. Diversamente significa che non stiamo parlando di “rappresentanti” ma solo di portavoce improvvisati senza alcuna capacità di giudizio e di controllo della situazione: il Giro d’Italia è un patrimonio di tutti e non può essere lasciato in mano a dei dilettanti allo sbaraglio che ne sviliscono il valore e il fascino.