Era il 1997 e, al Campionato del Mondo di ciclocross che si disputò a Monaco di Baviera, l’Italia conquistò la medaglia d’oro e quella di bronzo nella prova Elite. Fu quella, con ogni probabilità, l’edizione più ricca per l’Italia delle ruote grasse: a vestire la maglia iridata fu Daniele Pontoni, mentre al terzo posto giunse Luca Bramati (già terzo l’anno precedente).
26 anni dopo, al mondiale di Hoogerheide, il ciclocross italiano ha toccato uno dei punti più bassi della propria storia: non solo nessuna medaglia per gli azzurri, ma anche una rappresentativa ridotta all’osso che ha lasciato a casa il meglio del ciclocross italiano.
A bordo campo il CT Daniele Pontoni, che senza cercare troppe scuse ha fatto il conto con la scarsa competitività del movimento italiano, sul divano di casa a masticare amaro, Luca Bramati. L’ex biker di Vaprio d’Adda, però non ci sta a vedere la nazionale italiana cadere così in basso nel ciclocross: “Non condivido la scelta di Daniele, lasciando a casa così tanti atleti ha arrecato un danno a tutto il ciclocross italiano. Lo sappiamo che contro i fenomeni Van Der Poel e Van Aert è difficile ottenere dei risultati ma juniores, donne ed élite meritavano di avere almeno possibilità di cimentarsi al Campionato del Mondo”.
IL TAGLIO DEI POSTI – Una scelta, quella operata da Daniele Pontoni che ha le vesti della decisione tecnica anche se, un ruolo fondamentale, sembra averlo avuto la dirigenza federale, con il Presidente Cordiano Dagnoni e il team manager Roberto Amadio in prima fila: “Il Presidente Dagnoni in campagna elettorale aveva promesso che il fuoristrada italiano non sarebbe più stato il bancomat della FCI ma che sarebbe stato valorizzato. Presentarsi al mondiale ciclocross con i posti limitati a pochissimi atleti, però, significa mortificare l’intero movimento”.
Luca Bramati è un fiume in piena e, dalle sue parole, si capisce che sono in tanti a pensarla come lui nel clan del ciclocross azzurro: “Ci è stato chiesto di portare i nostri atleti all’estero a fare esperienza anche durante la stagione. Ci sono società che lo hanno fatto con continuità e, nonostante questo, hanno visto i propri corridori esclusi dalla nazionale per il mondiale. Al mondiale, invece, c’è andato Filippo Fontana che ha corso poche gare e solo in Italia. Niente di personale con Filippo ma, insieme a lui, avrebbero meritato di essere presenti almeno altri due o tre corridori”.
FILOSOFIA SBAGLIATA – Il problema, per una trasferta in Olanda che ha visto la presenza di uno staff federale massiccio e numeroso, non può essere di tipo economico. Ad essere sbagliata, secondo Bramati, è la filosofia adottata da Pontoni: “Quello che più mi preoccupa è che Daniele ha dichiarato di voler continuare su questa strada anche nel prossimo inverno. Questo non fa altro che demotivare ancora di più anche quelle squadre che rappresentano il punto di riferimento del nostro movimento. Perchè nella prossima stagione dovrebbero ingaggiare corridori o portarli a gareggiare all’estero se già sanno che non potranno competere nelle uniche gare che contano?”
DISPERSIONE TOTALE – Il ciclocross italiano, però, sembra soffrire di una malattia ancora più profonda. Esordienti e allievi rispondono in massa durante l’inverno ma questa base enorme viene dispersa già tra gli juniores: non esistono appuntamenti di livello in grado di avvicinare gli italiani agli stranieri e chi ha qualità è portato verso altre discipline. Anche su questo aspetto Bramati ha le idee chiare: “Purtroppo a mancare sono i dirigenti e i tecnici in grado di dettare una rotta credibile e convincente per i nostri migliori giovani. Tutto è affidato troppo spesso ai genitori e lascia il tempo che trova. Anche per questo l’attività della nazionale diventa fondamentale per dare uno sbocco ad atleti e team di livello: partecipare alle Coppe del Mondo, agli Europei e ai Mondiali è comunque un orgoglio e un vanto per squadre, atleti e sponsor”.
Ma portare in giro atleti senza speranza di risultati non sarebbe anche uno spreco di soldi?
“Guardate la pista: oggi ottiene risultati ma per quanti anni li abbiamo portati alle prove internazionale senza raccogliere niente? L’unico modo per far crescere il movimento è dare dei punti di riferimento ai giovani atleti, dare loro la possibilità di confrontarsi con i migliori al mondo, restare affascinati dall’ambiente che si respira nei grandi eventi. Coltivare solo buoni corridori abituati a vincere nei circuiti italiani significa portare il ciclocross italiano all’oblio. E poi c’è un’altra cosa”.
Ci dica…
“Ho seguito tutte le gare del mondiale in TV e ho guardato in faccia i ragazzi che tagliavano il traguardo. Avevano tutti il sorriso sulle labbra, nei loro occhi si leggeva la soddisfazione di aver preso parte ad una prova così importante. Non credo che l’Italia sia peggiore di nazioni come Polonia o altre e sono convinto che i nostri giovani ragazzi e anche gli atleti elite avrebbero meritato di essere al via delle gare iridate. Chi rinuncia in partenza ha già perso non solo in questa edizione ma anche in prospettiva futura”.