Ci vogliono doti importanti per riuscire a tirare fuori il talento inespresso di un corridore: Claudio Biasi sa bene come si fa. È lunga la lista degli atleti che l’ex direttore sportivo della Società Ciclistica Fontanafredda – che ha lasciato perché il club nel 2023 non allestirà la formazione juniores, da lui diretta negli ultimi anni – ha aiutato a emergere: l’ultimo è Alessandro Da Ros, protagonista di un ottimo 2022, che nel prossimo anno correrà col Cycling Team Friuli. Ci siamo fatti raccontare qual è il suo ‘segreto’, con lo sguardo rivolto anche al periodo, non semplice, del movimento giovanile italiano.
Dopo 14 anni si è chiusa la sua esperienza al Fontanafredda: cos’ha significato per lei?
“Ho interpretato i desideri della società: essere attenti ai giovani, entrare nel loro mondo. Interpretarlo, per dargli un aiuto ulteriore durante l’adolescenza. Lo sport non può essere ridotto al mero risultato, è anche crescita: questo è stato l’indirizzo che ho ricevuto dal presidente Gilberto Pittarella, dal vicepresidente Stefano Baviera, dalla società. È anche il mio modo di vedere le cose. Nel 1991 ho deciso di intraprendere questo percorso per riconoscenza verso chi aveva speso il suo tempo per me: anch’io volevo essere di auto ai giovani. Dargli la possibilità di realizzare i loro sogni, coniugando sport, scuola, sociale e famiglia”.
Ha ricevuto molte proposte. Dove andrà il prossimo anno?
“Sì, ho ricevuto diverse offerte: credo che continuerò a lavorare nella categoria juniores in provincia di Treviso”.
Gli addetti ai lavori le riconoscono un merito: riuscire a valorizzare talenti inespressi. Qual è il suo ‘segreto’?
“Lavorare sulla testa dei ragazzi: tutti meritano la giusta attenzione per cercare di valorizzare gli aspetti che, per mancanza di risultati, non li hanno portati a credere in sé stessi. Molti guardando soltanto a quelli, i risultati, lo ‘storico’. Al Fontanafredda, invece, non avendo pressioni volte a ottenere il risultato a ogni costo, ho potuto lavorare su questi aspetti. È un po’ come a scuola quando i professori dicono a dei genitori che il figlio non è male, ma potrebbe dare di più: ecco, io mi sono sempre interessato a quel potrebbe dare di più. Bisogna creare entusiasmo e consapevolezza, se un corridore le attitudini le ha, vengono fuori: è necessario credere nei giovani e volergli dedicare del tempo. Non bisogna lasciarsi soli, vanno ascoltati”.
L’ultimo ragazzo che ha aiutato a emergere è Alessandro Da Ros, che nel 2023 sarà al CTF: che corridore è?
“È un passista-scalatore, tiene nel passo, combattivo: quanto lo porti sul suo territorio, la salita, ha enormi capacità di resistenza. Al Fontanafredda non aveva compagni in grado di sostenerlo, quando la strada sale. Alessandro sa soffrire, resiste, e al momento giusto attacca: è un corridore di fantasia. I corridori che la gente ama”.
Dove può arrivare?
“Difficile dirlo in questo momento, lo vedremo nei prossimi due anni da under 23. Ha corso il giusto, ha integrità volitiva e non ha ancora toccato i suoi limiti”.
Fontanafredda e Giorgione non faranno più gli juniores: dove sta andando il ciclismo giovanile italiano?
“La questione ha degli aspetti ciclici, ma c’è anche dell’altro. Gli juniores andrebbero osservati non soltanto dal punto di vista tecnico, ma anche da quello formativo: il sistema deve capire che stiamo facendo formazione. In Italia avevamo una realtà unica in Europa: ogni provincia aveva una pluralità di società. Ora si cercano sempre i risultati, ci si porta via i corridori l’un con l’altro: è venuto meno il tessuto. Come ho detto, è un tema periodico: possono esserci momenti di stanca. Dovremmo puntare a creare il maggior consenso possibile; quindi, accettare anche corridori che ipoteticamente potrebbero dare pochi risultati: sono risorse, che non vanno perse. Servirebbero, poi, piste su cui allenarsi anche quando piove. Lo ripeto: bisogna, a ogni livello, cercare di creare consenso. Il passaparola, inoltre, è la promozione che funziona di più: lo si vede tra i giovanissimi”.