La guerra tra FCI e Lega Ciclismo è giunta al capolinea. Mauro Vegni costretto ad abdicare da una sentenza della Corte d’Appello e la convocazione per le elezioni del nuovo direttivo annullate dai commissari straordinari sono stati gli ultimi due colpi da cui l’organo guida per il professionismo italiano non si è più rialzato. In attesa di conoscere cosa succederà nei prossimi mesi, c’è bisogno di comprendere i motivi di questo scontro.
Per questo motivo ciclismoweb.net ha incontrato l‘Avv. Davide Goetz, presidente di ADISPRO (Associazione Direttori Sportivi Professionisti) oltre che componente del direttivo della Lega Ciclismo detronizzato dalla Corte d’Appello Federale.
Avvocato, come giudica il commissariamento arrivato all’indomani della convocazione delle nuove elezioni?
“Personalmente, anche come giurista, penso che sia un atto non rispettoso delle norme statutarie e delle prerogative di autonomia proprie di questo ente. Il commissariamento della Lega, dice la norma, è possibile solo a fronte di una manifesta impossibilità di funzionamento e quindi si doveva necessariamente consentire lo svolgimento delle nuove elezioni e poi, semmai, verificare l’eventuale mancanza di un consenso verso un nuovo presidente e prendere le decisioni del caso. Ma ciò è stato impedito proprio dai commissari appena insediati, che come prima cosa hanno annullato di corsa le elezioni. Mi fa una certa impressione constatare come questi due avvocati, in solo in poche ore, pensino di aver già capito tutto loro, senza neppure la necessità di una telefonata con il direttivo in carica per gli affari correnti, come se questa espressione di democrazia con il nuovo voto facesse in qualche modo paura”.
L’assemblea avrebbe dovuto votare però con le vecchie regole. Sarebbe stato giusto?
“Guardi, anzitutto questo meccanismo elettorale andava bene a tutti, sino a quando non ha vinto Vegni. Andava bene anche al Presidente FCI Dagnoni, quando in aprile ha chiesto sulla fiducia le dimissioni al precedente direttivo regolarmente in carica proprio per rinnovarlo tramite quello stesso statuto che poi ha contestato. Dopodiché Vegni, come primo atto del nuovo direttivo, ha proposto una commissione da costituire insieme a FCI proprio per riformare il meccanismo elettorale, per poi mettersi anche a disposizione con una nuova verifica di voto, più di così non poteva fare, almeno su questo punto. Ma FCI ha preferito negare qualsiasi collaborazione, invitando il suo fiduciario Michel Gamba ad astenersi da qualsiasi contributo e scegliendo poi la strada ritenuta più comoda dei giudici federali a Roma, con spese legali a carico dei contribuenti”.
Quindi cosa succede adesso? Come viene governato il professionismo?
“Non è dato sapersi. Prima delle elezioni del 29 giugno, Dagnoni aveva promesso un rilancio della Lega, come articolazione di FCI e in piena collaborazione, altrimenti non ci saremmo certo dimessi, non crede?, ma i risultati di questa promessa sono sotto gli occhi di tutti. Quanto alle idee di FCI sul professionismo, come FCI veda il movimento, con o senza la Lega, cosa intenda fare FCI, insomma, nessuno lo sa. Lo abbiamo espressamente chiesto al vicepresidente Cazzaniga in occasione dell’ultimo direttivo ufficiale, pregandolo di aiutarci a capire come uscire da questa impasse così corrosiva, quali fossero gli obbiettivi di FCI, e sa lui cosa ha risposto, guardandoci tutti negli occhi sorridendo? “Non sono autorizzato a rispondervi.” Ha capito bene: “Non sono autorizzato a rispondervi!”. D’accordo, basta che poi gli associati non se la prendano sempre con la Lega e si chiedano piuttosto come potesse una Lega lavorare in queste condizioni. La Lega per anni è stata l’alibi su cui scaricare il drammatico declino del professionismo, ma adesso stiamo a vedere”.
Ma è proprio necessaria una Lega per gestire il professionismo?
“Non penso che sia indispensabile, nessuno pensa questo, penso però che fosse sicuramente necessario mantenere una struttura dedicata e debitamente legittimata in grado da dare riconoscimento formale e coordinare le varie componenti del professionismo. Senza questo organismo l’ambiente perde un punto di riferimento che andrebbe semmai potenziato, non certo chiuso. Non capisco come coloro che con le loro iniziative hanno provocato questa crisi possano pensare che perdere la rappresentanza delle associazioni con diritto di voto sia un passo avanti. Ci tengo a dire che sono consigliere da circa 12 anni e che ho sempre lavorato a titolo completamente gratuito e nel pieno rispetto dei ruoli, l’unico vantaggio per l’ambiente sarebbe quindi solo quello di non sentire la nostra voce di protesta quando è necessario. Allora auguri”.
Però oggettivamente con Vegni un tema di conflitto di interessi esisteva…
“Sul piano formale no, perché come da statuto e da parere legale preventivo noto a FCI aveva rinunciato al tesseramento. Sul piano sostanziale, non lo sapremo mai, dato che dopo il primo direttivo sono iniziati i ricorsi e non sapremo mai, quindi, come Vegni avrebbe assolto al suo ruolo e all’impegno assunto di garantire tutti nell’interesse generale del ciclismo, mettendo a disposizione i propri rapporti e la propria esperienza. Io non sono un ingenuo, ma mi sono voluto fidare entrando a far parte del suo direttivo”.
Da Agosto ad oggi a cambiare le cose è stato l’accordo tra Dagnoni e RCS per l’affidamento dell’organizzazione del Giro d’Italia U23 del 2023 e del Giro Donne del 2024. Improvvisamente la rosea non ha più parlato della vicenda irlandese e ora Mauro Vegni si è allineato alla posizione dettata da RCS. La Lega ha fatto la fine del vaso di coccio tra i vasi di ferro?
“Mi era stato assicurato da Vegni che nell’ambito dei confronti che erano stati intavolati tra RCS e FCI c’era anche quello dei rapporti con la Lega. Dato che ero perplesso, ho espressamente chiesto se nel senso di chiuderla o di andare avanti. La risposta di Mauro non la dico: ciò che è successo in questi giorni è eloquente, i fatti parlano da soli, l’ambiente da cui ripartire è questo”.