Vince Filippo Ganna. Vince il titolo iridato, vince il prologo del Giro d’Italia e anche la tappa che non ti aspetti. Ed è subito festa azzurra, inno di Mameli, mano sul cuore, lacrime agli occhi e bandiera tricolore sul pennone. Insomma, tutto va bene, mai andata meglio per il ciclismo italiano.
FRATELLI D’ITALIA – C’è appena il tempo per sentirci un attimo “fratelli d’Italia” ma basta guardarsi attorno e lo scenario che ci circonda è decisamente diverso e desolante. Più che ad una festa per un successo sembra di essere in uno di quei capodanni in famiglia dove la serata prende una brutta piega ed escono tutti i rancori e i vecchi problemi rimasti irrisolti.
Basta guardare la maglia e la bici del nuovo “Pippo” nazionale (non ce ne voglia Filippo “Pippo” Pozzato) per capire come si tratti di un grande Campione sostenuto da una struttura straordinaria (leggi Team Ineos) e che ha a disposizione il meglio dei materiali disponibili sul mercato.
ALTRO PIANETA – Il resto dell’attività del ciclismo italiano è ben altra cosa con società e famiglie costrette a sobbarcarsi spese e trasferte pur di consentire a tanti giovani talenti di portare avanti la propria attività. Sacrifici che anche lo stesso Ganna avrà dovuto affrontare nelle categorie giovanili ma che negli anni stanno diventando sempre più importanti e gravose per tutte le discipline: strada, pista, BMX e MTB.
La stessa nazionale azzurra, scendendo di categoria, sembra appartenere ad un altro pianeta e lo si sta vedendo anche ai Campionati Europei su pista in corso di svolgimento a Fiorenzuola; convocazioni diramate il 4 ottobre per il giorno successivo e biciclette che passano di mano da un atleta all’altro a pochi minuti dal via di prove che si giocano sul filo dei centesimi di secondo.
Eppure, tutti gli azzurri, indossano i caschi dello stesso marchio di quello di Ganna e inforcano biciclette della stessa casa costruttrice. Tutti fortunati? Tutti sponsorizzati? Magari…
SPONSOR – E’ obbligatorio che gli atleti della Squadra Nazionale Pista maschile, tutte le categorie, gareggino utilizzando esclusivamente biciclette Pinarello in tutte le competizioni sia di squadra che individuali.
E’ obbligatorio far utilizzare il casco federale a marchio KASK a tutti gli atleti della Squadra Nazionale Pista tutte le categorie e Nazionale Strada junior per le competizioni di squadra. Nelle prove individuali ove l’atleta non dimostri di possedere un casco tecnicamente valido quanto quello messo a disposizione dalla Federazione, su indicazione dei Commissari Tecnici e della Struttura Tecnica Federale, lo stesso dovrà obbligatoriamente utilizzare casco a marchio KASK. Gli atleti che gareggiano in squadre già sponsorizzate da KASK sono impegnati ad usare tali prodotti anche nelle prove individuali.
Questa la frase che si legge sempre più spesso nei comunicati della FCI perchè ad essere sponsorizzata è la nazionale italiana. Quella dei Filippo Ganna, dei Davide Cassani e dei Renato Di Rocco. Non quella dei Davide Boscaro, Gidas Umbri, Tommaso Nencini o delle Silvia Zanardi e Martina Fidanza che pure, nonostante tutto, le medaglie le conquistano su pista o su strada.
Gli stessi ragazzi e ragazze che ai ritiri di preparazione sono tenuti a portare i materiali e le biciclette proprie o del proprio team ma che, una volta approdati sulla vetrina internazionale, devono accettare le condizioni della nazionale e salire in pista con una bici messa in misura pochi istanti prima del via e con la quale hanno ben poca confidenza. E senza prendere un euro nè da Kask nè da Pinarello che sono e rimangono partner della FCI, non degli atleti o delle società di base che svolgono l’attività con tutti i sacrifici del caso.
NAZIONALE SUZUKI – Un problema, quello della “nazionale Suzuki”, che da diverse parti è stato criticato anche nel corso del recente Campionato del Mondo di Imola. Sia ben chiaro: nulla in contrario alla ricerca di sponsor da parte della FCI, anche utilizzando l’immagine della nazionale italiana, purchè i benefici ci siano per tutti e non solo per il movimento di vertice.
Avanti di questo passo per le società di base diventerà sempre più difficile trovare dei partner tecnici. Se, infatti, negli appuntamenti di maggior rilevanza e richiamo mediatico (quelli che si corrono con la nazionale: mondiali, europei, coppa del mondo, coppa delle nazioni) gli stessi partner dei team giovanili vengono oscurati dal mono-marchio della “nazionale Suzuki” che senso ha investire e sostenere il mondo juniores o Under 23 maschile e femminile?