Ad Aigle pensavano di averla fatta franca. Il presidente David Lappartient e i suoi compagni si auguravano che, pubblicando alcune linee guida lassiste e una bozza di accordo generico, anche la pratica Coronavirus potesse considerarsi archiviata. E per alcuni giorni la pacchia è durata. CPA, ACCPI e associazioni varie di atleti di tutto il mondo si sono dette soddisfatte per il solo fatti di essere state citate in un documento ufficiale dell’UCI, con buona pace di corridori e staff a rischio licenziamento e, ancora oggi, senza un futuro chiaro.
A puntare i piedi ci hanno pensato, però, le ragazze dell’Alliance Rider Council, l’associazione formatasi nel 2017, guidata dall’ex professionista Iris Slappendel e che ha tra gli altri componenti del CDA campionesse del calibro di Gracie Elvin, Ashleigh Moolman Pasio, Marianne Vos, Christine Majerus e Leah Kirchmann.
Le ragazze del mondo delle due ruote non hanno avuto remore a prendere in mano la penna e a scrivere una lettera aperta all’UCI lamentando che “il ciclismo femminile non ha una adeguata rappresentanza all’interno del dibattito sull’impatto della pandemia da Coronavirus sul ciclismo”.
Le componenti dell’Alliance Rider Council che come delle moderne suffragette si professano elette da proprie pari si sono dette: “Preoccupate per l’impatto che questa crisi avrà sul ciclismo femminile e ancora più preoccupate per non avere una adeguata rappresentanza femminile nelle discussioni in corso. Notiamo che la recente dichiarazione rilasciata dall’UCI (ndr, lo scorso 15 aprile) non includeva i dettagli del calendario femminile, nè su chi fosse stato consultato per prendere queste decisioni”. Eppure, attualmente, a causa del Coronavirus sono già state rinviate ben 11 gare del World Tour femminile (Giro Rosa compreso) senza che l’UCI muovesse un dito. Attualmente il primo impegno non ancora rinviato del calendario del World Tour femminile è la cronometro a squadre e la prova in linea in programma in Svezia, a Vargarda, l’8 e il 9 agosto prossimi.
Il comunicato dell’UCI, effettivamente, si premurava di salvaguardare il Tour de France e i campionati del mondo, dava qualche speranza a Giro, Vuelta e Classiche ma in nessun modo parlava del ciclismo in rosa. Ed è per questo che le ragazze dell’Alliance Rider Council, che non sono riconosciute dall’UCI come un sindacato ufficiale, hanno deciso di alzare la voce: “Abbiamo fondato questo gruppo due anni e mezzo fa, siamo sostenute da tutto il gruppo femminile per rappresentare i nostri interessi come categoria, siamo attivamente impegnate all’interno dell’UCI. Riteniamo che anche in questa fase possiamo dare il nostro contributo per uscire da questa crisi purchè ci sia la volontà di coinvolgerci nel confronto con le squadre per assumere decisioni fondamentali. Vogliamo far parte dell’UCI e vogliamo che l’UCI sia una organizzazione di cui possiamo fidarci”. Conclude il comunicato destinato a far tremare i muri della sede svizzera dell’UCI.