Esiste la farina 0 (zero), i prodotti a chilometri zero ma non la partenza in discesa a km zero. E’ un Valle D’Aosta “in discesa” quello a cui si sta assistendo in questa settimana… non per risultati ma per partenza di tappa e organizzazione.
Un Valle D’Aosta che si fregiava di essere la miglior corsa a tappe a livello italiano ma che sta toppando su alcuni particolari fondamentali come la sicurezza. Dopo i primi tre giorni di gara si registra malcontento tra i direttori sportivi e pure tra i corridori che si sono letteralmente spalmati nella prima tappa, contro un muro di contenimento. E alcune voci di corridoio riferiscono che sarebbero scontenti persino i giudici. E chi deve preservare la sicurezza in gara.
L’organizzazione si difende, giustamente, dicendo che da sempre ci sono partenze in salita così come in discesa, che il Valle D’Aosta è per morfologia geografica fatto di montagne, salite, strappi e vette proibite. Che se gli sponsor o i comuni pagano per un certo percorso, sono da rispettare tali richieste.
Obiezione più che giusta anche quando si deve dar ragione al detto: “Articolo quinto, chi ha i soldi ha vinto”. Ma non sempre deve prevalere il “valore” del soldo sulla sicurezza dei ragazzi.
La prima tappa è andata in scena giovedì: pronti via, chilometro zero, discesa a tutta e tassa di corridori uno sopra l’altro, almeno una cinquantina su 120 partenti. Non bastavano i medici e le ambulanze per soccorrere i ragazzi tanto che si è dovuti ricorrere alla neutralizzazione per una ventina di minuti. Un pronto soccorso, quello di Aosta, con un andirivieni continuo di ragazzi fino a tarda notte per chiedere medicazioni e controlli.
E da 125 atleti, alla partenza di questa mattina il gruppo si era ridotto a 101, di cui, sul traguardo di oggi se ne sono visti appena 93. Ma le pecche si erano viste già nel cronoprologo di mercoledì: disputato in terra francese, con traffico aperto e i corridori impegnati in gara con il rischio di trovarsi faccia a faccia con una macchina o un camion.
Le giustificazioni degli organizzatori riferiscono che: “In Francia si fa così. Il traffico nelle crono lo chiudono solo per il Tour de France”.
Dopo la tragica tappa di ieri, oggi, in terra piemontese le cose non sono migliorate. Il tracciato di gara prevedeva una discesa talmente pericolosa da spingere qualche team manager a suggerire ai propri corridori: “Se la vedete troppo pericolosa affrontatela senza spingere troppo”.
Non sono piagnistei da “piccolo ciclismo italiano”. A confermarlo questa volta sono anche i corridori stranieri: “Se è la corsa per i campioni del futuro, giustamente bisogna provare le loro potenzialità ma in salita non certo in discesa”.
Ben vengano corse a tappe per corridori veri ma senza scordarsi dei criteri minimi di sicurezza. E Rossella Dileo, team manager della Colpack parla un pò a nome di tutti i diesse: “Saranno questi i fondamentali sui quali si baserà il progetto della nuova Lega Ciclismo Dilettanti. La sicurezza, il rispetto verso i corridori e i team, coinvolgendo anche gli organizzatori. Perché il ciclismo deve crescere insieme a tutti. Non per massacrare corridori e squadre ma per migliorare”.
Per partecipare al Valle D’Aosta le squadre versano un contributo economico. Ma se per correre si paga e si viene pure massacrati con salite e discese al limiti dell’umano, ha ancora senso questo sistema?
Qualcuno arriva pure a suggerire: “Se i professionisti avessero visto percorsi simili avrebbero preso per il colletto l’organizzatore”. Il Valle d’Aosta prosegue verso il traguardo finale di Breuil Cervinia in programma domenica: con la speranza di non assistere solo ad una corsa ad eliminazione…
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