La banda di Argentin. Una chiamata e tutti schierati in fila davanti al capitano. Il capitano è il re della Liegi – Bastogne – Liegi, conquistata quattro volte, e un mondiale. Moreno Argentin, l’ideatore e organizzatore della Adriatica Ionica Race.
Li ha voluti a raccolta e nessuno si è tirato indietro. Da Massimo Ghirotto, il granatiere di Rovigo, a Flavio Miozzo, che tuttora organizza gare di cararattere internazionale per dilettanti, a Emanuele Bombini suo fido scudiero in classiche di altissimo livello e suo ex compagno di nazionale, Mario Beccia, suo avversario e amico e Domenico De Lillo, il maestro, suo diesse e suo pilota in pista.
Ad ognuno il proprio compito. Chi guidava la macchina del direttore di gara, chi faceva da apri pista, chi portava la giuria. Tutti a dar consigli, risolvere problemi, gestire situazioni improvvise ma tutti amici. Perché la caratteristica dei campioni, quelli veri, è propria questa, saper aggregare attorno a se amicizie decennali, farsi consigliare, gestire e vincere. E con l’Adriatica Ionica Race Moreno Argentin ha vinto la prima scommessa.E non è una scommessa da poco. Riportare il grande ciclismo qui dove era scomparso. Una testimonianza per tutti. Quella di Paolo Rosola, velocista di rango negli anni Ottanta e Novanta, compagno di Moreno ed ora affermato diesse, vincente in Gazprom.
Merito suo la vittoria ad esempio di Vlasov al Giro d’Italia Under23 terminato pochi giorni fa e il terzo posto di Ildar Arslanov in classifica generale proprio all’Adriatica Ionica Race: “Quando Moreno ci ha invitati come team eravamo lusingati. Quando ho visto che ci ha chiamati tutti a raccolta, chi in ammiraglia, chi nell’organizzazione, tutti i suoi ex compagni nelle varie squadre allora ho detto subito . Alt alt qui Moreno lo dobbiamo aiutare. Io mi sono già proposto il prossimo anno di guidare una macchina dell’organizzazione. In ammiraglia Gazprom ci salirà qualcun altro per un pò di giorni, ma qui si vede l’amicizia che dura nel tempo. Vedere Domenico De Lillo che guidava la macchina apripista, a ottant’anni avere ancora la voglia di un ragazzino in mezzo alle corse, fermare le auto assieme alle staffette della polizia, avere la grinta di affrontare una corsa a tappe davvero mi ha fatto emozionare. Questo è il ciclismo che vogliamo e questa è l’amicizia vera che il ciclismo regala”.
Parole sante quelle di Paolone Rosola, e come lui anche di Massimo Ghirotto, gli stessi Emanuele Bombini, o Mario Beccia o Flavio Miozzo. Erano tutti i ragazzi di Alfredo Martini. Quando fare la nazionale per i mondiali, si sbagliavano forse le riserve. Quando si partiva in ordine alfabetico con Amadori, Argentin, Bugno, Bombini, Cassani, Ghirotto, Beccia e via dicendo. Anche la nazionale è voluta presenziare alla gara. Il ciclismo riparte anche da questo. Cassani predica di ripartire dal basso, dal mondo giovanile.
Ed è giustissimo, ma il ciclismo deve anche ripartire dal vertice, ricordarsi dei fasti del passato, quando La Nazionale Azzurra eravamo noi, quando in giro per il mondo si vincevano maglie iridate, con Moser, Saronni, Bugno Argentin. Quando al Giro del Colorado poco prima di vincere il mondiale tutta la nazionale correva per preparare un unico obiettivo, quando in squadra c’era un capitano e il lavoro nelle gare iridate si faceva per lui e Martini il suo mondiale lo portava sempre a casa. E soprattutto quando c’erano corridori. Quelli veri. Quelli che si vedono anche dopo vent’anni dall’esser scesi di sella, quelli che pur essendo stati campioni si mettono a frecciare il percorso o fermare le macchine perché passa la corsa.
Questi sono i campioni veri dai quali dobbiamo ripartire e che molti dovrebbero prendere da esempio. Ripartire dal basso si ma tornando a guardare verso l’alto. E forse si riuscirà a ripartire. La banda di Argentin e Alfredo Martini ringraziano.
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