C’era una volta la tessera federale cartacea. Quella che per i giovanissimi aveva perfino le 22 caselle che servivano a monitorare l’attività dei più piccoli ciclisti del panorama nazionale. Dati anagrafici, timbro, foto, firma e una scritta in corsivo a caratteri cubitali: “Il doping non vince mai”. Roba da anni ’80 e ’90 che, stando ai risultati dell’antidoping degli anni successivi, ha prodotto generazioni “malate”.
Nel 2016 le tessere sono state ormai dematerializzate, basta un modulo cartaceo per completare l’iscrizione ma la lotta a quel fantomatico “doping” ha assunto forme diverse, raggiungendo risultati kafkiani. Se infatti, la maggior parte dei giovanissimi che hanno utilizzato la tessera cartacea ci hanno impiegato qualche anno per capire cosa fosse il “doping” e cosa volesse dire “non vince mai”, ci vorrà altrettanto tempo per capire quanto accaduto ieri a Tradate (Va).
Si correva il 42° Gp Amici del Ciclismo. Partenza della prima gara alle 15.30, circuito piatto come un biliardo: Via Gradisca, Via Roma, Via Trento Trieste. 4 curve e 1.300 metri da ripetere più volte per le diverse categorie. Prima del via l’annuncio shock: “Al termine della corsa i primi quattro classificati dovranno affrontare il controllo antidoping”.
E così è stato. Disposizione del Ministero della Salute: 4 bambini di 12 anni al controllo antidoping. Il giorno era quello delle Olimpiadi ma forse qualcuno ha scambiato Rio de Janeiro con Tradate. E pensare che quella dei giovanissimi non viene nemmeno considerata attività agonistica ma solo promozionale, tanto che la FCI qualche anno fa è arrivata perfino a vietare le premiazioni dei singoli bambini disponendo che ci fosse solo una classifica a squadre.
Gli stessi bambini oggi sono sospettati di doping? Quella di Tradate è stata un’azione dimostrativa, un segnale forte da trasmettere alle nuove generazioni o davvero si stava cercando il “furbetto” anche tra i giovanissimi?
[banner]G-andrea[/banner]