La valigia del ciclista è piena di magliette dai colori sgargianti, caschi e scarpini; ma è anche piena di sogni e ambizioni. Ogni nuovo viaggio rappresenta una nuova corsa e una nuova sfida.
IL VIAGGIO DEL CICLISTA – Migliaia di chilometri nella testa e nella gambe. Si torna e si riparte. Ancora e ancora. Non solo per fare al meglio il proprio lavoro, ma per inseguire un sogno. Per Nicola Toffali il viaggio più importante inizia dal Veneto – da Lugagnano di Sona, per la precisione, borgo di novemila anime nel cuore della provincia di Verona – e arriva in Germania, alla 0711/Cycling, squadra teutonicissima in cui il 24enne è approdato nel 2017 dopo un 2016 trascorso, sempre oltre confine, allo svizzero Team Roth.
“0711 è il prefisso di Stoccarda,” racconta Toffali, che ha da poco concluso il Sibiu Cycling Tour in Romania, a proposito del nome del suo team. “L’anno scorso militavo con la Roth. Avevo due anni di contratto, ma il 30 settembre ci hanno comunicato che non avrebbero più fatto la Professional e, quindi, ho cercato un’alternativa. Fino a metà febbraio non era successo nulla, poi è arrivata la chiamata da questa squadra.”
Un passato tra i dilettanti alle nazionalissime Zalf e General Store, indi è arrivato il “grande salto” all’estero. “E’ stimolante correre in una squadra straniera, perchè si ha a che fare con realtà diverse, anche al di là della bici. Mi piace questa cosa, dato che mi consente di fare esperienze nuove e di migliorare anche il mio inglese, anche se, a volte, l’italianità mi manca. Il nostro calendario mi riporterà in patria, però, per la seconda parte di stagione: dopo la Romania faremo il Matteotti, poi si correrà in Italia anche alla Bernocchi e all’Agostoni.”
VOGLIA DI EMERGERE – Quando si è giovani, il ciclismo è un misto tra divertimento e speranza. Poi, si può trasformare in una carriera. “Il passaggio tra i professionisti è stato parecchio duro,” spiega. “Ma è normale che sia così. Arrivi in una nuova dimensione e incontri corridori che fanno questa vita da dieci o quindici anni. Io l’anno scorso ho anche patito un grave infortunio e, quindi, mi sono trovato a rincorrere la condizione. Obiettivi? Trovare un posto nel ciclismo che conta. Sono convinto di poter dare qualcosa in questo sport.”
Si può diventare ciclisti per tanti motivi diversi. Per Toffali, le due ruote erano di casa e un destino quasi scritto. “Mio papà ha corso in bici ed è stato anche professionista e, quindi, ho sempre vissuto in mezzo alle bici. Fino alla terza media ho giocato a calcio, ma alla fine mi sono stufato e sono salito in sella. Ho iniziato da allievo primo anno e non ho più smesso. La corsa dei sogni? La Milano-Sanremo. E il mio ciclista preferito è Fabian Cancellara.”
Dedizione, impegno, fatica. La vita di uno sportivo è tutta in salita. “Non ho mai pensato a cosa avrei potuto fare se non fossi stato un ciclista. A volte è difficile fare questa vita e rinunciare a tante cose normali per i coetanei. Ma io sono ‘quadrato’. Un giorno a bordo della bici, per me, è meglio di cento vissuti facendo un lavoro ‘normale’!”