Quando Adriano Malori attaccherà il numero sulla schiena al Gp Québec, il 9 settembre, saranno trascorsi 231 giorni dal terribile incidente capitatogli al Tour de San Luis.
Prima di fare il prioprio rientro in gruppo il parmense della Movistar ha voluto tenere una conferenza stampa per parlare del suo processo di recupero e lanciare un messaggio di speranza.
“Voglio lanciare un messaggio di forza a coloro che hanno bisogno di coraggio per superare serie problematiche neurologiche. Io ce l’ho fatta, spero che anche anche voi possiate farcela.”
“Ho paura di cominciare a piangere, quando mi schiererò alla partenza e vedrò tutti i corridori lì dove ho voluto essere per tanto tempo.”
La storia di Adriano è un concentrato di emozioni, un viaggio di rinascita e di un recupero che quei pochi che conoscevano la vera natura delle sue lesioni mai avrebbero potuto pensare che potesse essere così veloce e completo.
“L’unica cosa che ricordo di quel 22 gennaio è che mi sentivo veramente bene, durante la tappa e che mi sono portato nel punto del gruppo dove c’era Vincenzo Nibali per suggerirgli che avremmo dovuto attaccare insieme su uno dei pendii finali. Non c’è nulla che la mia coscienza riporti della coduta. Ma da quello che mi è stato detto da Fran Ventoso – un compagno di colori che pedalava al suo fianco quando ha centrato la buca – la caduta si è verificata intorno ai 65 km/h. Sono caduto direttamente con la faccia al suolo e, a causa del grande colpo, il mio cervello si è spostato dalla posizione normale scivolando e strofinando il cranio. Questo ha causato un enorme ematoma nella parte sinistra del cervello, quella che governa le azioni della parte destra del corpo. Come conseguenza, quasi la metà della mia faccia è fatta di titanio!”. Adriano scherza, cercando di minimizzare il problema. “Ci sono delle placche che coprono il mio zigomo e parte della mascella. Resteranno lì per il resto della mia vita, ma si spera che con il tempo possano essere l’unica traccia del mio incidente.”
“Dei primi 15-20 giorni dopo la caduta ricordo solo dei frames, dei flash di cose che ho visto o vissuto. La mia fidanzata Elisa mi dice sempre che il 27 gennaio le ho detto ‘Auguri’, visto che era il suo compleanno. Sapevo che ero con lei e con mia mamma durante, può essere, la prima settimana o i primi dieci giorni…ma non ricordo veramente nulla di quei giorni. Non ero coscio di nulla, ma reagivo agli stimoli e a cose simili. Non ho cominciato a ritrovare la coscienza prima del giorno di San Valentino, quando Elisa mi ha portato una grande torta per festeggiarlo insieme.” La sua fidanzata, la famiglia e i più cari amici sono stati il più grande supporto. “Il giorno in cui sono caduto, era già notte fonda in Europa. Elisa si è alzata alle otto, sabato – l’incidente era successo di venerdì – aspettando che la prima agenzia di viaggi aprisse per acquistare un biglietto di sola andata per l’Argentina. E’ partita da sola, senza chiedere aiuto a nessuno. Ci sono milioni di ragioni per cui non potrò mai esprime appieno la mia gratitudine e il mio amore per Elisa,” che ha sposato questa estate.
Viaggiando su un volo clinicamente attrezzato, Adriano ha lasciato l’Argentina per raggiungere Pamplona, in Spagna, il 16 febbraio dove è stato ricoverato alla Clínica Universidad de Navarra. “Dopo un paio di giorni alla Clinica, ho chiesto al dottore di poter tornare nella mia camera. In Argentina non ero stato esaurientemente informato sulla situazione delle mie lesioni e non mi aspettavo che fossero così serie. Ero andato a Pamplona e subito chekups e risonanze magnetiche ….e dopo ho chiesto ai dottori: ‘Quando pensate di operarmi alla spalla, in modo che possa muovermi di nuovo?’ Ho dato per scontato che mi avrebbero operato quella spalla e che sarei tornato a correre alla Tirreno-Adriatico in marzo. Dopo tutto, le mie gambe stavano lentamente tornando a muoversi…pensavo che niente stesse andando storto. Poi i dottori mi hanno aperto gli occhi sulla realtà: ‘Adriano, non ti opereremo. Non dobbiamo farlo. Il problema con la tua spalla è che il tuo cervello è disconnesso dal lato destro del corpo.” Disconnesso. Non potevo sopportare quelle parole. Ho passato ore a piangere, sino ad esaurirmi, completamente senza speranza.”
Il 25 febbraio Malori è stato trasferito al Centro Neurológico de Atención Integral (CNAI; Integral Neurological Care Center) di Imárcoain, 10km fuori Pamplona dove ha lavorato duramente per diverse ore al giorno, seguendo percorsi specifici. poi “Ho combinato la riabilitazione con altri esercizi a Mutua Navarra e i test finali per essere sicuri che tutto fosse a posto dal lato neurologico. Sono stato lì fino al 5 agosto, due settimane lì e per un breve periodo a casa. A Mutua ho fatto esercizi per recuperare la forza nella spalla e nei muscoli attorno al braccio e alla scapola. Al CNAI ho migliorato la precisione nei differenti movimenti della mano. Continuerò a fare questi esercizi a casa, ma ci vorrà ancora un pò di tempo per recuperare al 100% la forza nella mano. Ma, per guidare una bici, sto completamente bene. Posso accelerare e fermarmi con facilità e fare le altre cose che facevo prima dell’incidente. Non ho paure né dubbi. Sono più che pronto.”
Durante questi mesi il rapporto di Malori con il ciclismo è stato un mix di amore e odio. “Non ho visto una sola tappa del Giro o del Tour. Accendevo la tv, iniziavo a guardare una corsa, li vedevo correre così veloci e sembrava uno sport così diverso da me, come il MotoGP. Mi ha fatto così tanto male, non poter tenere il passo, non essere lì, non riuscire a sentire quella velocità. L’intero team è stata la mia seconda famiglia durante questo processo. Dopo Elisa e i miei amici più cari, sono stati la cosa più bella in quest’anno. Tutti loro, CNAI, CUN, Mutua Navarra, dottori, fisioterapisti, amici e tutta la gente del ciclismo, mi hanno aiutato a tornare a correre.”
Tra pochi giorni, Malori aggiungerà al palmares un’altra vittoria: tornerà a gareggiare: “Con la forza e la determinazione, e soprattutto con l’aiuto di una fantastica squadra di medici e di specialisti, a fine marzo ho iniziato a fare i rulli, un’ora al giorno. Ho fatto fino a sei ore di riabilitazione al giorno. Lo confesso, l’obiettivo all’inizio era quello di tornare ad essere una persona normale, capace di bere con la mano destra e tagliarsi la bistecca. Il 28 aprile abbiamo fatto una prova in bicicletta nel magazzino della squadra e lì ho cominciato a sperare di poter tornare a correre. Ma fino a quel giorno non ci pensavo, anzi ero convinto di dovermi cercare un altro lavoro. A quel punto sono tornato a casa, ho cominciato ad andare in bici continuando a fare fisioterapia. Ma dopo un’ora, un’ora e mezza la mano diventava dura, non riusciva a governare la bici e sono nuovamente caduto nel baratro. Per un mese il mio futuro è tornato ad essere buio. Quando sono andato a Pamplona per un semplice controllo, mi hanno detto che ero fuori strada, così sono tornato al CNAI. Ho fatto giusto una sosta a casa per sposarmi con Elisa e poi ho lavorato, lavorato e lavorato. Il 10 agosto mi hanno dato il permesso per tornare a fare il mio lavoro e ho cominciato ad allenarmi come una bestia. Chiedo scusa agli amici e ai giornalisti, se non ho risposto in questi mesi alle loro chiamate, ma volevo vivere la vicenda con la massima riservatezza, avevo detto che sarei tornato a parlare quando sarebbe arrivato il momento delle corse. Ed eccomi qui. Riparto dal Canada il 9 settembre. Ho voluto fare questa conferenza per la gente che sta male, in questi mesi ho visto persone di tutte le età che soffrono davvero. E voglio spiegare loro che c’è un ragazzo di 28 anni che in sette mesi è tornato a correre tra i professionisti. Almeno un sorriso e una speranza la voglio dare, perché se la meritano. Ho provato qualcosa che non cancellerò mai: stare nella sofferenza assieme a gente che sta male insegna cose che non avrei mai immaginato di imparare. Ringrazio lo staff dell’Università di Navarra che mi ha seguito in maniera esemplare, ringrazio la Movistar senza la quale non sarei qui oggi e così in salute, ringrazio Gabriel Curuchet e Giovanni Lombardi che mi hanno dato il cuore sin da subito in Argentina e tutti coloro che mi hanno fatto sentire in vario modo la loro vicinanza. Aspettative? È la domanda più complicata. La mia carriera è costellata di mille dubbi, non so se potrò tornare l’Adriano Malori di prima. Se mi mancherà il 10 per cento di gambe, ci arriverò con la testa. Quel che è certo è che alla partenza del GP de Quebec et Montreal una lacrima di sicuro mi scapperà, sarà bello ritrovare l’affetto dei miei compagni.”