Simone Petilli, il giovane professionista di Bellano (LC), si appresta a vivere la sua quarta stagione nel circuito world tour con la maglia del team UAE Emirates, stagione che si augura sia quella del riscatto dopo le brutte cadute e gli infortuni del passato.
Quale bilancio fai dei tuoi primi tre anni da professionista tenendo conto delle cadute al Giro di Lombardia nel 2017 e alla Vuelta di Spagna dell’anno scorso?
“Il 2016, il mio primo anno da professionista con il team Lampre, è stata una buona stagione, dove ho corso il Giro d’Italia e il Giro di Lombardia. Il 2017 invece è stato il mio anno migliore, mi sono messo in evidenza alla Parigi Nizza, alle classiche delle Ardenne, al Giro d’Italia nelle tappe sull’Etna e sullo Stelvio. Poi c’è stata la rovinosa caduta al Giro di Lombardia, a causa della quale ho dovuto affrontare un periodo di fisioterapia avendo riportato anche la frattura della scapola e della clavicola. In ritardo ho ripreso a gareggiare nel 2018 al Tour of the Alps, però inevitabilmente il mio colpo di pedale non era dei migliori. Successivamente alla Vuelta una stupida caduta in mezzo al gruppo mi ha portato nuovamente a un ritiro, senza però per fortuna gravi infortuni”.
Hai da poco terminato un ritito con la tua squadra, la UAE Emirates, dove eravate?
“Il primo vero ritiro è terminato il 21 dicembre scorso. Eravamo in Spagna, a Salou per la precisione, vicino Tarragona. E’ stato un ritiro particolare perchè è una delle poche volte in cui tutti i 29 corridori si sono trovati tutti assieme per pianificare la stagione 2019 assieme allo staff UAE Emirates. A fine ottobre abbiamo svolto un altro ritiro ad Abu Dhabi, improntato più che altro sulla conoscenza con i nuovi compagni di squadra e per motivi di sponsor”.
Ci spieghi quali attività vengono svolte all’interno di un ritiro?
“In ritiro la sveglia suona alle 7:30, al massimo alle 8:00. Si fa colazione e poi si parte per l’allenamento a seconda delle tabelle divisi in due/tre gruppi. Nel pomeriggio verso le 14:30 si pranza, dopodichè si tengono vari incontri con i direttori sportivi, con i medici e i preparatori atletici. C’è tempo anche per i massaggi, per il controllo del vestiario e delle biciclette. Dopo cena ci sono dei meeting che possono riguardare tematiche quali i potenziometri, lo stretching, il recupero e l’alimentazione”.
A proposito di alimentazione, ti è mai successo di avere avuto dei problemi di questo tipo durante la gara?
“Il ciclismo di oggi è un ciclismo scientifico, niente viene lasciato al caso anche sotto l’aspetto dell’alimentazione. Anche se siamo professionisti possono capitare le crisi di fame, anche a me personalemnte è successo di non aver mangiato quando dovevo durante la corsa per aver dato retta al mio fisico ma di averne poi pagato le conseguenze. E’ importantissimo sapersi gestire anche sotto questo aspetto, ne è esempio l’azione di Chris Froome sul Colle delle Finestre all’ultimo Giro d’Italia. Questo attacco era programmato nel minimo dettaglio con le ammiraglie ben piazzate lungo la salita e pronte al rifornimento dell’atleta nel momento giusto”.
Quale è stata la tua più grande difficoltà incontrata nel mondo professionistico?
“I ritmi che sono sempre più alti, adesso ci si impiega più tempo anche a staccare un gregario”.
Farai un tipo di preparazione diversa rispetto agli anni passati e in cosa devi migliorare?
“Devo migliorare in quelle che sono le mie caratteristiche, sono uno scalatore per cui devo puntare ad aumentare il mio livello in salita. Ho cambiato preparatore atletico e ho fiducia in lui.”
Se affermo che il talento è giovane, tu cosa ne pensi?
“Penso che il ciclismo è uno sport particolare, è di resistenza, di fondo e in tanti vengono fuori tardi. Se in alcuni sport a 20/22 anni sei nel pieno della maturità e carriera non lo è per il ciclismo, ci sono molti corridori che maturano a 28/30 anni”.
Peter Sagan afferma “non c’è più rispetto in gruppo”. Secondo te, a cosa si riferiva e tu, da giovane, che rapporto hai con i tuoi compagni di squadra più anziani?
“Probabilmente faceva riferimento agli atteggiamenti dei più giovani che sono sbagliati. Se ci sono corridori giovani che ottengono buoni risultati è anche merito dei compagni di squadra più anziani che li pilotano nel giusto modo. Io ho in squadra Diego Ulissi, Rui Costa e Fabio Aru con i quali ho un bellissimo rapporto, li stimo molto e cerco di seguire tutti i lori consigli e ciò che mi dicono di fare anche in gara”.
Ti senti pressione addosso?
“No, il cilclismo è uno sport duro ma il lavoro paga!”
Il tuo calendario 2019 e quali obiettivi avrai?
“Comincerò a Maiorca a fine gennaio, poi sarò al Giro del Oman e a seguire la Vuelta a Catalunya, mentre il Giro d’Italia bisogna meritarselo, anche se ci sono buone possibilità che possa correrlo. Spero sia l’anno del riscatto, di riprendere le corse ai livelli del Giro d’Italia 2017 e senza cadute”.