Il profumo della tappa deve averlo condotto, in stato confusionale, in piazza Montegrappa a Varese. Per lunghe, estenuanti ore la moglie lo ha cercato assieme all’organizzazione, sino a spingerla a recarsi dalle forze dell’ordine a fare quasi denuncia di scomparsa. Ed ecco, in stato confusionale, guidato forse dall’effluvio di olii canforati, olio di catene, frullare di ruote, che ricompare in piazza Montegrappa in maglietta e pantaloncini, in sella alla sua bici l’australiano che a Varese ha partecipato ai mondiali di ciclismo di cicloamatori.
MONDIALI, IL CIRCO – Un circo di biciclette, di maglie, di ruote, di mogli, figli, amici, e migliaia di bandiere multicolori sulle maglie. Dal Canada all’Australia appunto, da Israele alla Grecia, dalla Francia alla Germania,al Giappone, il Brasile, la Nuova Zelanda, Quasi tremila partecipanti, tutti felici di rappresentare la propria nazione nella terra varesina, in quella che sancì l’ultimo trionfo iridato azzurro, quello del trevigiano Alessandro Ballan, l’ultimo campione del mondo dei professionisti che l’Italia può vantare. E titolo che forse resterà nella memoria degli italiani ancora per qualche anno. Temiamo.
Un giovane greco si avvicina alle forze dell’ordine chiedendo in un misto di greco e inglese se per caso ci sono notizie di un suo compagno di nazionale. Fornisce il numero di partenza di griglia e dopo pochi minuti si materializza il compagno di colori. Un abbraccio. Caloroso, ed ecco la coppia di amici di pedalate ricomposta.
E poi il bollettino di guerra. I medici ingaggiati dall’organizzazione mondiale, più di una decina, devono correre come palline da ping pong dalla zona arrivo alla zona villaggio per portare avanti e indietro con le ambulanze i feriti. 14 fratturati, qualcuno più o meno grave, tanti malori, donne che stringono i denti per tagliare il traguardo ma poi stramazzano a terra esauste per sforzo e fatica. Qualcuno dello staff ci spiega che è stata addirittura abbassata la media oraria. Alla prima edizione della Gran Fondo di Varese l’arrivo previsto era verso le 16 ed erano arrivati per le 16. Lo scorso anno erano più o meno tutti arrivati per le 15, e in questa edizione mondiale per le 13,30 erano più o meno arrivati tutti.
Qualcuno ci ha rimesso la clavicola, qualcuno il bacino, qualcuno ferite al sopracciglio. Insomma correre in bici, anche se per divertimento, a volte può diventare esageratamente pericoloso se si spinge troppo sui pedali, facendo scattare ovviamente idealmente la competizione con Sagan o con la Vos. Ma vuoi mettere rappresentare la propria nazione a un mondiale per cicloamatori magari a 70 anni.
UN MOVIMENTO DA UNIRE – Magari come la signora francese di 70 anni che scatta nella gara a cronometro e finisce a terra dopo pochi centimetri a lato palco? Comunque osservati bici e materiale, facendo anche solo un veloce calcolo di costi delle bici, si parla di un valore di 15 milioni di euro. Mettiamoci poi abbigliamento, scarpe, gel, integratori, casco, ruote, cambi, viaggio per chi vien dall’Australia ad esempio o dalla Nuova Zelanda, albergo, permanenza, transfert e molto altro. Insomma un valore mica da poco il mondo dei cicloamatori. Un valore che il mondo professionistico e giovanile dovrebbe imparare a saper sfruttare per trarne vantaggio.
Due mondi che dovrebbero compenetrarsi e collaborare in sinergia. I cicloamatori che ovviamente non sono campioni (anche se magari qualcuno nel passato lo è stato e risale in bici solo per il gusto del divertimento ) dovrebbero tendere la mano alle giovani che leve che crescono e il mondo giovanile dovrebbe venire inserito in qualche formula che prevede il coinvolgimento del mondo amatoriale magari a scopo dimostrativo, senza ovviamente inficiare il mondo delle gare giovanili. Insomma nessuna parte in competizione con l’altra ma lavoro di squadra per far crescere il ciclismo. Questo si.
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