Iseo Serrature, Delio Gallina, Team Colpack, Zalf, Team Cervelo, Northawe, Work Service, Malmantile, Mastromarco, Cremonese, Cybertime, Big Hunter, Namedsport, Beltrami, General Store, Viris Vigevano, Team Palazzago, Cycling Team Cuneo, alle quali si aggiungono anche il Vc Mendrisio e la Dimension Data che però sono squadre straniere ed altri team per solidarietà.
Insomma tutto, o quasi, il movimento italiano dei dilettanti fa sistema, si aggrega, dialoga, si oppone, firma e pensa per il bene comune. Oltre 20 team, tra cui spiccano quelli “che contano” nel panorama dei dilettanti dicono no al Gp Liberazione di Roma.
Tra questi molti hanno ricevuto l’invito, altri non lo hanno ricevuto ma per solidarietà, appunto, scelgono di associarsi alla gran parte delle squadre e il prossimo 25 aprile rimarranno a casa o andranno a correre in altre gare dove hanno già dato, per tempo, l’adesione e non hanno intenzione di deludere quegli organizzatori.
La storia del Liberazione è complessa e parte da lontano. Dopo l’epoca d’oro di Eugenio Bomboni due società in contrasto tra loro per il “titolo” del nome, una storica che non sarebbe più in grado di mettere in cantiere la corsa che va in scena da quasi settant’anni lungo le strade romane che attraversarono un tempo gli imperatori romani, attorno al circuito delle Terme di Caracalla, la seconda che si fa carico dell’organizzazione ma non è gradita alla prima storica società.
La Federazione Ciclistica Italiana che interviene a fare da mediatrice anche se sempre in ritardo. Il Ministro dello Sport, ormai ex-Ministro, che sovvenziona l’evento con fondi pubblici (ma quante altre gare storiche e che abbiamo perso negli ultimi anni avrebbero diritto ad avere quei fondi pubblici o l’impegno, come lo definisce il ministro Lotti, per tornar a mettere in cantiere l’evento).
Insomma il solito pasticcio all’italiana. L’evento Liberazione ha quindi la possibilità di usufruire di fondi pubblici ma ogni anno, negli ultimi anni, va in scena la manfrina del “si fa” e “non si fa” destinato a sciogliersi solo a ridosso della manifestazione.
Non vogliamo entrare nel merito di come e da dove arrivino i fondi o, ancora, come vengano incamerati e/o spesi ma ciò che ha fatto arrabbiare i team dilettantistici è appunto questo “tira e molla”.
I soldi per rimborsi e ospitalità negli alberghi vengono offerti solo alle squadre straniere mentre i team italiani non beccano una pipa di tabacco. Soprattutto quelle società del Nord Italia che per arrivare a Roma devono sobbarcarsi un viaggio di oltre 500 km, albergo, gasolio, autostrada per accontentare organizzatori bizzosi che prima dicono “si fa” poi ci ripensano e il 25 marzo mandano una mail a tutti per annunciare che
“Si porta a conoscenza che in data 24 marzo u.s. la soc. ASD LAZZARETTI RACING TEAM ha comunicato ufficialmente alla Federazione Ciclistica Italiana che non esistono le condizioni per organizzare la 73a edizione del Gran Premio della Liberazione.e pertanto la gara non si disputerà”
salvo riprendersi il 5 aprile (a soli 20 giorni dal via) e inviare la seguente comunicazione:
“Abbiamo il piacere di comunicare che, finalmente, sono stati superati gli ostacoli che impedivano l’organizzazione del Gran Premio della Liberazione mercoledì 25 aprile 2018 e quindi invitiamo le squadre in indirizzo a confermare la loro partecipazione alla gara se hanno già inviato il Bollettino di ingaggio con cortese sollecitudine”.
A dire il vero sembrerebbe che la Federazione non abbia mai ricevuto disdetta organiizzativa del Liberazione, al contrario, invece, i team hanno ricevuto una mail un mese fa, dove si annunciava che il Liberazione sarebbe saltato.
Abbiamo letto pure fior di comunicati stampa su siti e quotidiani, in cui le due società organizzatrici adivano, l’una contro l’altra, per vie legali. A questo punto i più importanti team dilettantistici hanno detto no. Rimarranno a casa o correranno in altre gare, con la certezza che altre gare da sempre hanno assicurato la messa in cantiere dell’evento.
Un bel segnale di compattezza e di risveglio da parte di una categoria, quella dei direttori sportivi, che si sta “svecchiando”, senza nulla togliere a chi ha fatto la storia di questo sport. Giovani diesse in ammiraglia, con idee fresche, chiare, aperti alla globalizzazione e a carpirne i segnali, al passo con i tempi, in un mondo in continua evoluzione, dove l’informazione viaggia in tempo reale e non c’è più tempo quindi per farsi prendere in giro. Dove esempi virtuosi all’estero spiegano che solo con la professionalità si può far crescere il ciclismo. I trucchetti non vanno più bene, nemmeno nel ciclismo nostrano.
Dopo la presa di posizione nei confronti della gara mista cicloamatori – dilettanti in pista, la lettera di Mercatale in cui si chiede chiarezza per i team stranieri che vogliono partecipare alle corse regionali (e allora fatele nazionali e internazionali ‘ste corse!), questa nuova presa di posizione in riferimento alla vicenda del Gp Liberazione. Una presa di posizione che è segnale di crescita e di maggior consapevolezza dei ruoli: una richiesta di maggior professionalità che dovrebbe essere gradita al Settore Tecnico Nazionale e ai commissari tecnici Marino Amadori e Davide Cassani che tanto hanno investito nella crescita dei Ds italiani.