Vincenzo Nibali arriva sotto la grande tettoia di vetro di fonte alla porta della Fiera di Verona denominata Cangrande della Scala. Il condottiero della nobile stirpe della dinastia scaligera fu solo un abile conquistatore, e al tempo stesso uno scaltro politico, un accorto amministratore e un generoso mecenate. Morì a Treviso. Sembra la parabola di Vincenzo. Grande a Verona il Cangrande, va a terminare i propri giorni a Treviso. A Verona Nibali termina le sue speranze di indossare la maglia rosa e di salire sul gradino più alto del podio. Le ultime speranze le aveva avute a partire dalla tappa di Treviso, per arrivare poi a Feltre e infine a Verona.
Un minuto e oltre da amministrare bene, così come fece Cangrande nelle dispute sulle terre, sui diretti avversari. Forse Vincenzo avrebbe dovuto leggere la storia del condottiero scaligero, dal temperamento cavalleresco e ambizioso, capace di vincere guerre e amministrare vasti territori. In tanti hanno sottovalutato il piccolo ecuadoreno Richard Carapaz. Tenace, lento ma ostinato come racconta il suo stesso nome. Un carapace. Una tartaruga che lenta lenta sale sempre di più e la corazza lo rende invincibile. Amarezza ma anche soddisfazione per Vincenzo Nibali che ha avuto un vero e proprio trionfo di folla. La gente gridava il suo nome, un’ovazione lo ha accolto alla partenza della cronometro. 17 chilometri nei quali ha speso tutto il possibile per guadagnare terreno sulla Tartaruga Carapaz. Ma resta quel minuto e zerocinque secondi a fare la differenza. Carapaz sul podio e lui al suo fianco a fargli da scudiero.
I due si siedono sulla sedia sotto la tenda preparata sul retro del palco. Arriva Vincenzo in largo anticipo. Indossa una sorta di corazza che contiene del ghiaccio per abbassaste la temperatura corporea visto il caldo esploso da Treviso in poi nelle ultime tre tappe del Giro d’Italia. Si concentra, non parla, scrocchia il collo prima a destra poi a sinistra, allunga le braccia e le mani, si tende, si allunga. Cerca di allungarsi oltre il tempo che lo divide dalla maglia rosa Carapaz. Poco dopo arriva lui, il piccolo sudamericano in rosa. Nibali guarda di sghimbescio l’avversario. Gli getta addosso uno sguardo di sfida che farebbe raggelare chiunque. Carapaz non si scompone. Intanto il cronometro continua a scandire il tempo. Carapaz si siede al fianco dello squalo… squalo e tartaruga (chissà perché mai i signori colleghi giornalisti devono sempre dare un appellativo ai corridori, squalo, delfino, giaguaro, etc etc…come se fossimo costantemente in uno zoo) e Nibali si volta. Gli porge il pugno chiuso in segno di sfida, Carapaz risponde allo stesso modo, cme se si trattasse di uno scontro sul ring, quando i pugili prima di iniziare sul match si toccano i guantoni che coprono i pugni.
Un piccolo tocco, come a dire “vinca il migliore”. E parte la sfida a distanza di tre minuti l’uno dall’altro. Vince Carapaz, non basta il minuto recuperato a crono per Nibali. La maglia rosa va in Ecuador. Ah, se Nibali avesse letto la storia di Cangrande della Scala, nato a Verona e morto a Treviso. Anche Nibali, morto a Treviso sarebbe rinato a Verona….