Filippo Conca ieri ha portato la classe operaia in paradiso e ha mandato la FCI in soffitta. Lui il successo lo ha conquistato, meritatamente, sulla strada: ha corso da professionista, ha giocato di rimessa e ha sfruttato al meglio l’occasione della vita. Non hanno fatto altrettanto i “professionisti” italiani: un gruppo di atleti maturi che hanno ancora poco da dare al ciclismo e di giovani promossi nella massima categoria senza averne le qualità.
Ieri mattina la Gazzetta dello Sport con una paginata delle sue aveva già messo la maglia tricolore sulle spalle di Jonathan Milan ma chiunque abbia masticato un pò di ciclismo sa bene che una corsa di oltre 200 chilometri non può essere fatta da due corridori (Milan e Ganna appunto).
EFFETTO CONCA – Filippo Conca non è il problema, il nuovo tricolore Elite, è l’effetto di un ciclismo italiano allo sbando e senza regole. Non è un caso se in Rwanda festeggeremo, con un numero ridotto di partenti, il 17esimo anniversario senza la maglia iridata. Per chi ancora non fosse riuscito a comprendere l’inconsistenza del nostro reparto professionistico dovrebbe bastare questo dato, unito all’assenza dagli ordini d’arrivo di quasi tutte le gare World Tour per farci preoccupare.
Qualche anno fa, la FCI ha cancellato il Campionato Elite Senza Contratto. Poi, per infoltire il gruppo degli Elite al via del Campionato Italiano, ha progressivamente aperto a Continental e squadre di club: ieri a Trieste erano schierati 121 atleti. Di questi solo 36 militano nel World Tour, 43 nelle Professional e 42 sono dilettanti che appartengono a formazioni Continental o di club.
Se da Trieste a Gorizia avessero gareggiato solo “i professionisti” si sarebbero ritrovati in 79 al via e tra questi ci sarebbero stati corridori che in questo 2025 hanno affrontato meno di 20 corse e molti di loro hanno meno di 23 anni. Ma quello di ieri era, invece, un Campionato Italiano Elite. Dove per Elite si intende tutto, dilettanti e amatori compresi.
Con questo parterre, dunque, la vittoria di un Filippo Conca, non è una possibilità così remota: se poi si considera che gli atleti “non professionisti” sul podio sono ben due (oltre a Conca c’è il terzo posto di Thomas Pesenti che milita in una Devo) e nei primi 10 c’è anche Mattia Gaffuri abbiamo la prova che il risultato era giocabile.
Il problema del ciclismo italiano sta proprio qui. Nell’aver svilito il professionismo, nel permettere che si sviluppi la caccia al miglior allievo, nell’ammettere i passaggi tra i professionisti a 19 anni e nel consentire che un atleta, a 23-24 anni venga considerato “da buttare”. Lo stesso sistema che poi, in barba al valore dell’attività giovanile, sceglie di portare nel World Tour amatori selezionati attraverso dei contest sui rulli. Ma, d’altronde, se il valore dei professionisti italiani è quello visto a Gorizia, la differenza tra chi il ciclista lo fa per lavoro e chi lo fa per ossessione è ormai impercettibile.
SALARIO MINIMO – Filippo Conca, ieri, si è preso una sonora rivincita nei confronti di un sistema malato. Un sistema senza futuro perchè, al netto delle offerte di lavoro che adesso il lecchese riceverà, lui al momento è un Campione Italiano fantasma.
La sua vittoria manda definitivamente in soffitta la FCI, le sue regole e il movimento italiano: Filippo Conca ha vinto all’indomani del Consiglio Federale che a Boario ha stabilito che per il 2025 gli atleti delle Continental avranno diritto ad un salario minimo. Un ulteriore balzello per le già traballanti società italiane che così avranno un altro ostacolo nella corsa per essere competitive a livello internazionale: intanto, però, il Campione Italiano Elite è un corridore senza stipendio e senza sponsor sulla maglia.
TUTTI IN SOFFITTA, SOGNI D’ORO – La vittoria di Filippo Conca manda a quel paese la FCI uscita dalle urne romane solo qualche mese fa e già alle prese con numerosi problemi che si sommano alla ormai cronica mancanza di progettualità e di crescita. Un problema che non è “solo politico” ma che ora è anche concreto, palpabile con mano, ben rappresentato da quei cinque ragazzi in maglia bianca che hanno messo tutti nel sacco.
Finisce in soffitta anche la Lega Ciclismo Professionistico dell’iperattivo Presidente Roberto Pella: che nel suo fare entusiastico è andato a complimentarsi subito dopo il traguardo con Filippo Conca senza rendersi conto che un “non professionista” aveva appena soffiato il titolo ai professionisti che la Lega dovrebbe rappresentare, tutelare e valorizzare. Troppa era la voglia di saltare sul carro del vincitore che questi dettagli potevano passare in secondo piano.
E allora esca dal cassetto il sogno cullato per mesi da Filippo Conca e se ne vadano in soffitta tutti i vecchi tromboni del ciclismo, compresi quei politici che per una poltrona hanno venduto l’anima e quei giornalisti che hanno assistito allo sfascio totale con il sorriso sulle labbra, applaudendo e incensando per convenienza personale ma ora si sentono offesi dall’impresa di un ragazzo in maglia bianca.
Oggi sono tutti là, al buio, nel dimenticatoio, tra bambole rotte e scatoloni impolverati: sogni d’oro ciclismo italiano.