I tendoni dopo l’arrivo di Liegi sono colmi di gente: ciclisti, addetti delle squadre, giornalisti, fotografi, organizzatori e una sensazione di sollievo da ultimo giorno di scuola che ristagna in tutti loro, la primavera delle classiche si è chiusa da pochi istanti. Tra questi, sporge un piccolo ciclista vestito di rosa con l’orecchino ben in mostra: Ben Healy, che si avvicina a Pogacar e con fare garbato ironizza con il tipico spirito da british-humor: “quando ti ritiri Tadej?”, lo sloveno con la battuta pronta replica che il suo contratto con la UAE durerà fino al 2030, saranno altri cinque anni di one-man show. Punto e a capo.
Ai piedi della Redoute, la UAE per inerzia si porta in testa al battaglione per iniziare il consueto lavoro ai fianchi e preparare la fucilata del loro capitano, questa volta però Sivakov e Mcnulty non hanno il tempo di rimboccarsi le maniche e dare di gas, che si vedono passare furtivamente il loro leader: Pogacar, con lo sguardo fisso sulla strada e un’estrema compostezza prosegue per il suo cammino dando una giusta accelerata per distanziare definitivamente il resto degli uomini che sono venuti fin qui tra le Ardenne per assistere all’ultima recita primaverile. Poi saranno i tendoni a ricongiungere tutti, per il brindisi dei saluti. Punto e a capo.
Pogacar sdraiato a terra lo si è visto poche volte, l’8 Marzo scorso sulle strade bianche senesi ha lasciato qualche scoria di pelle e sangue, per dare quel colpo di imprevedibilità alla sua e alla nostra primavera ciclista, miglior kick-off alle classiche non poteva esserci. Il 27 Aprile a Liegi chiude con un giro di serratura il pacchetto di classiche nelle quali è stato assoluto protagonista: per le vittorie, per le sconfitte, per il modo con il quale a propiziato e guidato la trama di ognuna di esse; nel mezzo ci ricorderemo i suoi occhi gonfi in cima al Muro di Huy, la faccia incredula quando Skelmose e Evenepoel lo riprendono poco prima del Cauberg finale, le rasoiate “inutili” su Cipressa e Poggio a cospetto dei due bolidi Ganna e Van der Poel, quel volto distrutto mentre cavalcava gli ultimi tratti di Pavé della Roubaix e la felicità nel volare sulle pietre dei muri e sentirsi anche se per un giorno solo un pò fiammingo dentro. Punto e a capo.
Il canovaccio primaverile è giunta alle battute d’arresto, mai come quest’anno abbiamo vibrato di emozioni fuori dal comune, forse inarrivabili per la prossima stagione. Per ora ci basta segnare il punto e andare a capo per raccontare altre storie in arrivo, fossero anche leggermente meno spettacolari di quelle appena vissute. Punto e a capo.