Quanto accaduto sul traguardo della prima tappa della Volta ao Algarve rappresenta (o, quantomeno, dovrebbe rappresentare) un campanello d’allarme per il ciclismo moderno.
In uno sport in cui gli atleti continuano a gridare la necessità di avere più sicurezza, come è possibile che un intero gruppo finisca fuori strada a 500 metri dal traguardo e si ritrovi a sprintare in mezzo al pubblico?
In uno sport nel quale si fanno briefing prima del via, si studia il vento, la pendenza, all’interno dei bus si guardano i video degli ultimi chilometri di tappa, come è possibile che un intero gruppo si lanci in volata senza accorgersi che è finito fuori strada?
In uno sport nel quale si fanno i corsi per spiegare a motociclisti, autisti e operatori media dove stare e come comportarsi, come è possibile che una cinquantina di corridori si dannino l’anima fino all’ultimo metro senza che davanti a loro ci sia nemmeno uno striscione d’arrivo?
Di fronte a queste immagini, poco conta se la vittoria di Filippo Ganna abbia o meno un valore, viene da chiedersi dove potranno ancora spingersi questi atleti rischiando inutilmente la propria vita e mettendo in pericolo quella degli incolpevoli passanti.
Prevedere l’imbocco “contromano” di una rotonda a 500 metri dal traguardo non è certo una scelta nè comune nè “illuminata”, ma il tracciato di gara era chiaramente quello per tutti. Passi che questo gruppo di professionisti sia disposto a rischiare il tutto per tutto per un successo dal valore non certo determinante. Passi che questo gruppo di professionisti possa essere stato tratto in inganno da un tracciato “insolito”.
Ma come è possibile che fior fior di professionisti non si siano accorti di essere in una strada “aperta al traffico” con tanto di auto parcheggiate e pubblico sulla strada?
Non è la prima volta che il gruppo sbaglia strada nel finale di tappa. E non sarà nemmeno l’ultima. Era il 2009, si correva la seconda tappa del Giro della Provincia di Grosseto con arrivo ad Orbetello. Anche in questo caso una deviazione ammiraglie generosa aveva tratto in inganno il grosso del gruppo. Allora vinse Marco Frapporti ma il resto del gruppo, percorsa qualche decina di metri tirò i freni e fece inversione ad “U”. In Portogallo, invece, la farsa è proseguita per circa mezzo chilometro, aumentando esponenzialmente il pericolo per atleti e tifosi.
All’Etoile de Besseges, pochi giorni fa, il gruppo si è fermato perchè non c’erano le condizioni di sicurezza per proseguire la corsa. Oggi, in Portogallo, forse è il caso che il gruppo si fermi a riflettere su quale direzione vuole prendere, prima che si finisca per sbattere contro una autentica tragedia.