La conclusione della vicenda di Michael Antonelli, con la condanna in sede penale presso il Tribunale di Pistoia, del Presidente della società organizzatrice e del direttore di corsa (clicca qui per leggere la notizia) ha destato diverse reazioni tra cui quella di Carlo Iannelli, papà di Giovanni, per cui il processo in sede penale non è mai stato celebrato. Vi proponiamo di seguito, in versione integrale, la riflessione dell’Avv. Carlo Iannelli:
Mio Figlio Giovanni ha corso, anche se in squadre diverse, con Michael Antonelli. Il 15 agosto 2018, partecipavano alla Firenze-Viareggio. Era una giornata tremenda, maledettamente invernale, acqua, vento, pioggia, gelo. Dopo aver scalato la montagna pistoiese, scendendo l’Oppio con la strada bagnata, affrontando una curva, Michael sbanda, esce di strada, precipita in una scarpata, picchia la testa, entra in coma e dopo un calvario durato anni muore.
L’evento mortale si verifica quando mancano circa 100 chilometri all’arrivo. La corsa, dopo San Marcello, nei pressi de La Lima, viene sospesa, il gruppo dei corridori rimane “piede a terra” per parecchio tempo, nel frattempo giungono notizie terribili sulle sorti di Michael, ma la corsa riparte lo stesso. Le tabelle di marcia sono oramai saltate e così anche la sicurezza. I corridori arrivano a Viareggio, sul lungomare, in Piazza Mazzini, all’incirca a mezzogiorno, il giorno di Ferragosto, senza coperture, schivando automobili, camion, furgoni, pedoni. C’è un vincitore, che viene premiato dalle autorità di turno di fronte ad un pubblico festante.
Orbene, nel caso di Michael, la Procura della Repubblica di Pistoia ha riaperto le indagini per un fascicolo che era già stato archiviato, ha celebrato un giusto Processo e gli organizzatori sono stati condannati.
Mio Figlio Giovanni invece è morto a 144 metri dalla linea di arrivo, durante una prevedibile volata finale di gruppo a ranghi compatti, su di un rettilineo mortale privo di qualsiasi protezione. Il programma di gara di questa corsa ciclistica era stato approvato dal comitato regionale Piemonte della Federciclismo, presieduto da Gianni Vieti, dalla sera alla mattina, senza i documenti relativi alla sicurezza, obbligatoriamente previsti dal regolamento tecnico; documenti che gli organizzatori hanno falsamente realizzato solamente in seguito e che, tramite il difensore Avv. Gaia Campus del Foro di Roma (nonché componente della Corte Sportiva di Appello della Federciclismo), sono stati introdotti nel giudizio sportivo svoltosi avanti alla Corte Sportiva di Appello della Federciclismo.
La corsa dove è morto mio Figlio Giovanni dunque non doveva neppure partire. Un Giudice Civile del Tribunale di Alessandria, nella sua sentenza divenuta definitiva, scrive che la Federciclismo ha ammazzato mio Figlio Giovanni per cui condanna la stessa FCI, unitamente agli organizzatori ed al direttore di corsa.
Nonostante ciò la Procura della Repubblica di Alessandria, capeggiata dal dottor Enrico Cieri, trascurando le evidenze, travisando la realtà, ricorrendo ad aberrazioni giuridiche fondate su menzogne, omettendo attività d’indagine ed altro, si ostina a non voler celebrare un giusto Processo per la morte di mio Figlio Giovanni, nella quale sono coinvolti personaggi eccellenti.
In questo modo si va avanti come se nulla fosse senza accertare la Verità, senza assicurare la Giustizia per la morte di un Ragazzo innocente di 22 anni.
Carlo Iannelli