Il bicchiere dipende da come lo vedi. C’è chi parla di discreto successo italiano in Olanda per i mondiali di ciclocross, chi parla di quasi disfatta. Dipende sempre dai punti di vista. Un dato importante comunque c’è, e già si rilevava alla prova di campionato italiano. Chi si è piazzato nelle prime posizioni della gara tricolore alle Capannelle si è riconfermato anche a Valkenbug.
BILANCIO AZZURRO – Purtroppo come sempre non c’è paragone tra lo spettacolo che le corse in Olanda o Belgio regalano ai tifosi, ai corridori stessi e agli addetti ai lavori. Un bacino di quasi centomila persone, tutte paganti, almeno 50 euro per un biglietto di entrata e per una sola giornata, feste, allegria, divertimento, tifo e tanto fango, grandi bevute, neve, pioggia. Più il tempo è brutto più la gente si diverte nel ciclocross. A Valkenburg come in altri gradi teatri del fuori strada si diventa veri e propri eroi.
A guardare le corse uno si domanda che razza di equilibrio, sforzi e fatica uno debba fare per mantenersi in piedi, non spaccare le bici, pedalare, andare forte e vincere. E in tutto questo circo del fango l’Italia c’era. Anche se non come si vorrebbe, ma comunque c’era. Un po’ di delusione tra gli juniores certamente deve essere messa in conto. Da Filippo Fontana ci si aspettava molto. Il due volte campione italiano però il giorno del mondiale non stava bene ed è stato costretto a scivolare oltre la ventesima posizione. E dopo di lui il resto della pattuglia azzurra che però il mondiale lo ha portato comunque a termine, combattendo tra i giganti stranieri. Un po’ meglio la categoria delle donne con Sara Casasola tra le under23, sesta al traguardo, Eva Lechner settima, Gioele Bertolini sesto e Jacob Dorigoni ottavo.
IL BICCHIERE DI PONTONI – Daniele Pontoni, campione del mondo nel ciclocross e nella mtb analizza con la naturale schiettezza il risultato di Valkenbug. “Un giudizio su questi mondiali? – chiede Pontoni -. Certamente in linea i risultati con quella che è la situazione del ciclocross in Italia. Ritengo che il bicchiere sia mezzo pieno, lo vedo mezzo pieno perché comunque portare a casa tanti piazzamenti, quattro addirittura nei primi dieci nelle categorie di punta, è comunque un buon successo. Teniamo presente che i titoli sono andati solamente in due nazioni, Belgio e Olanda. Quanto vedo di buono ora è il numero di atleti italiani che ha preso il via a questa manifestazione. Un campionato mondiale, per una nazione come la nostra, è giusto sia onorato da un buon numero di atleti partecipanti. E ai nastri di partenza di Valkenburg avevamo ben 21 ragazzi. E per una manifestazione iridata come questa non sono pochi. Quindi merito al cittì Scotti che ha fatto questa scelta. Lasciando poi da parte gli scontenti che ci saranno sempre e comunque, perché tutti siamo commissari tecnici e non tutti abbiamo la stessa visione sia dei risultati che dell’impegno degli atleti stessi”.
Il Pontoni che vinceva a Leeds?
“Devi avere un Pontoni che va a correre in giro per il mondo ma anche dei ragazzi che riescono a combattere ad armi pari o comunque ad alti livelli, con i nuovi mostri che sono i corridori dell’Inghilterra, e i soliti di Belgio e Olanda. Noi non abbiamo un programma in linea con queste nazioni anche per visione di questo sport. Tanti diesse non capiscono che serve il ciclocross d’inverno e in pochi vogliono investire. Gli inglesi ad esempio se vedono risultati investono e fanno percorsi, progetti e programmi proprio per aumentare la visibilità. Noi nel ciclocross abbiamo sempre vissuto di meteore, usciva il corridore di livello ma dietro non c’era un supporto adeguato. Prima Longo, poi Di Tano poi io e Bramati, ma non abbiamo avuto una scuola come in Belgio e Olanda. Se non c’è struttura non si cresce anche se adesso finalmente il movimento è in crescita. Tanti circuiti del ciclocross, tanti atleti giovani alla partenza e tanto divertimento. Adesso finalmente abbiamo la quantità ora bisogna puntare anche sulla qualità”.