Chi ben comincia…L’antico adagio, di quella saggezza popolare sempre in auge, è certamente condivisibile anche quando si parla di sport.
PRELUDIO – L’opera non ha ancora raggiunto del tutto la conclusione del primo atto – la strada in direzione del finale di stagione è, infatti, ancora lunga – ma Luca Pacioni, in questo 2018, un primo tassello importante l’ha già messo, come ha messo la propria firma su un traguardo: quello della settima tappa de La Tropicale Amissa Bongo, corsa gaboniana 2.1-UCI ormai consolidata presenza del calendario internazionale.
Vincere non è mai facile, soprattutto se si corre a migliaia e migliaia di chilometri da casa, in una corsa nuova e con una maglia nuova. Soprattutto, anche, se si arriva da un 2017 complesso, non facilissimo nonostante l’esultanza al Tour of China I, con le aspettative dettate dai risultati da Under23 sul groppone, la giovane età stampata sulla carta d’identità e le gambe che scalpitano come si addice ai corridori più giovani.
Ma il 24enne riminese già nella gara del debutto con la Wilier Triestina Selle Italia, formazione nella quale è approdato dopo un primo biennio tra i professionisti con l’Androni, ha saputo mettersi in luce, tirarando fuori gli artigli agonistici e, alla prima occasione utile, la zampata giusta per festeggiare la soddisfazione più bella.
“Mi ero preparato bene.” Abbronzatura d’ordinanza, tuta “da riposo” nera con dettagli rossi e giallo fluo sulle spalle a testimoniare l’appartenenza al nuovo team, la voce emozionata. “L’anno scorso avevo finito di gareggiare abbastanza presto. La squadra mi ha dato subito fiducia e spero di averli ripagati nel migliore dei modi.” L’Africa è rimasta nel cuore di questo ragazzo dal sorriso grande e dal grandissimo entusiasmo. “Per me è stata la prima volta, in Gabon. Mi sono trovato bene, non credevo che quella corsa fosse organizzata così. E’ stata una bella esperienza. Quella appena trascorsa è stata un’annata molto brutta e, quindi, posso dire che il successo a La Tropicale è stato liberatorio”
AL SERVIZIO DI KUBA, MA CON LICENZA DI VINCERE – Dopo il Gabon, Pacioni è volato negli Emirati Arabi per lo Sharjah Tour, dal 24 al 27 gennaio, dove ha ricoperto un ruolo diverso e si è calato, perfettamente, nella veste di ultimo uomo del velocista-capitano Jakub Mareczko. Far esultare gli altri è ancora più complicato che farcela a esultare di persona. Il risultato, eccellente, è stato un qualcosa di cui il romagnolo classe 1993 e i suoi compagni possono andare fieri: due centri su due – nelle uniche occasioni utili per gli sprinteurs, vista la crono d’apertura e una frazione in salita – per l’Azzurro Kuba e un treno che si è mostrato autorevole, capace di sbaragliare l’agguerita concorrenza.
“Non essendo un velocista ma, comunque, un uomo veloce, rientro in quella tipologia di corridore che in una squadra fa sempre comodo. In salita posso tenere abbastanza bene, anche se vado molto meglio nelle tappe con percorsi intermedi. Sono felice di aver contribuito alle vittorie di Jakub. Mi ha chiesto lui di venire in Wilier. Avevamo corso anche insieme alla Viris, eravamo sempre insieme e qualche volta l’ho anche battuto!”
Allo Sharjah Tour il primo a elogiare l’operato di Pacioni era stato proprio Mareczko: “Ha vinto, è in forma. Si meritava di essere lui il mio ultimo uomo, qui” aveva raccontato il bresciano dopo essere sceso dal palco dell’ultima premiazione. Insieme a Pacioni, il treno della squadra di Angelo Citracca, diretta nell’emirato di Sharjah – a pochi chilometri da Dubai – dal Ds Luca Scinto, era composto da Marco Coledan, imperioso nel time trial di apertura, Jacopo Mosca, il “veterano” Eugert Zhupa e il pistard Liam Bertazzo. Al Dubai Tour, prossimo obiettivo del team Professional, che scatterà il 6 febbraio viene schierata la stessa selezione della sfida precedente e “confinante” ma senza Mosca – grande speranza per il Trofeo Laigueglia – che verrà sostituito dal neopro Simone Bevilacqua, per cambiare un po’ le pedine e, magari, lasciare aperte altre porte in vista del Giro d’Italia, con Filippo Pozzato che completerà il roster: “Allo Sharjah Tou abbiamo fatto i primi test del treno; a Dubai cercheremo di giostrarci al meglio. Il Giro è una corsa fondamentale. Lì si cercherà di vincere una tappa, con Kuba. Le frazioni per velocisti puri non saranno moltissime, ma noi ci prepareremo per sfruttare al meglio ogni occasione.”
Dedizione all’amico e leader. Ambizioni che, talvolta, lasciano il posto all’altruismo: “Io, dopo la vittoria in Gabon, spero di continuare quest’annata così. Non pretendo chissà cosa. Prima di tutto voglio fare quello che mi si chiede, mettedomi a disposizione dei miei compagni e di Kuba. Se mi daranno carta bianca, certo, cercherò di sfruttarla.”