Il granatiere delle nazionali di Alfredo Martini risponde pacato. Non è mai stato nè corridore nè uomo da polemiche, da discussioni violente o attacchi frontali. E proprio per questo per una infinità di anni Alfredo Martini lo sceglieva come regista in corsa, come rifinitore ai mondiali, quelli che contavano davvero. E uomo squadra. Quando a far la formazione dei mondiali si sbagliavano forse le riserve e i nomi e le garanzie c’erano.
Massimo Ghirotto anche il giorno dopo il tricolore di ciclocross alle Capannelle di Roma fa il pacere, tende la mano ai contendenti, sia Marco Aurelio Fontana (suo corridore) che a Enrico Franzoi (corridore che stima). Da anni, oltre a fare il commentatore in moto per Radio Rai al Giro d’Italia, è il team manager e direttore sportivo del Team Bianchi Mtb. E avere in squadra un cavallo di razza come Marco Aurelio Fontana non è cosa semplice. Il corridore top del movimento del fuoristrada, quello più rappresentativo, che della sua immagine ha saputo fare business. E portare a casa pure una medaglia olimpica che non guasta.
Ma quando si è in corsa l’immagine vale poco, bisogna pedalare e sgomitare per vincere. E domenica è accaduto ciò che nelle corse sempre accade. Le sgomitate per poter vestire la maglia tricolore. Un contatto tra Fontana e Franzoi nell’ultimo budello prima dell’arrivo, a poche decine di metri dalla volata. Franzoi che finisce nella siepe e termina senza maglia la sua gara biancorossoverde prima del traguardo. E Fontana che procede spedito sull’arrivo, anche se la maglia ormai la veste Luca Braidot precedendo il gemello Daniele.
“Nelle volate, nelle gare ci sta la gomitata nel finale, la ricerca di spazio per la posizione. Non difendo e non attacco nessuno – racconta Massimo Ghirotto -. Chi mi conosce da tanti anni sa che io sono per il dialogo. Fontana ha spinto Franzoi nella siepe? Sentiti i rumors appena terminata la gara, mi sono precipitato in sede di giuria e ho chiarito la nostra posizione come team e come atleta con i commissari. Che non hanno potuto replicare. Non c’erano ne foto ne immagini nette che chiarivano i termini della caduta. Io ho parlato subito anche con Marco Aurelio. Ha spiegato di aver fatto la volata nella sua traccia. In tutta regolarità. Auguro a Enrico Franzoi la pronta guarigione. Sul male non si scherza. Anche io quando correvo mi sono ritrovato in ospedale senza rendermi conto. E le volate negli anni Ottanta e Novanta erano fatte da veri killer. Chiariremo meglio a mente fredda quanto accaduto. La gara si svolgeva su un percorso veloce, quasi da stradisti, si è giocato tanto di tattica e un gran lavoro per Marco lo ha fatto anche nadir Colledani. Da quel budello negli ultimi cento metri passava chi aveva la meglio”.
Enrico Franzoi dal divano di casa parla invece sottovoce, con i referti del pronto soccorso a Vicenza effettuati domenica mattina. Il corridore trevigiano, ex iridato nel cross, è stato tenuto per qualche ora in osservazione. Dopo la Tac, l’esito è quello di una commozione cerebrale. E racconta a fatica l’accaduto : “Negli ultimi cento metri io stavo cercando di passare Fontana, nella concitazione mi sono sentito toccare e poi spingere con forza contro la siepe. Il punto era particolarmente stretto e non si poteva fare altrimenti se non subire la spinta. Sono finito a terra e di sicuro se avessi potuto frenare lo avrei fatto anche perché non era la prima gara di ciclocross o volata che correvo, nella mia lunga carriera ciclistica. Ho sentito un gran colpo, la testa dolorante e tutto frastornato. Sono arrivati subito in mio soccorso i ragazzi del mio team, mi sono rialzato, risalito in bici e superata la linea del traguardo, visto che erano solo 50 metri. Poi mi hanno caricato subito in ambulanza prestandomi le cure del caso. Il gesto di Fontana? Un gesto inaspettato da parte sua. Lui è un professionista e dovrebbe sapere come ci si comporta in gara. Aver fatto terzo o quarto non avrebbe cambiato nulla, se avessi potuto, come si dice in gergo, tirare i freni e evitare di farmi così tanto male. Mi resta solo l’amarezza della gran botta, del gran dolore alla testa e ben venti giorni di prognosi. Per me la mia stagione agonistica purtroppo è finita sabato inaspettatamente, e per venti giorni sono a casa in malattia dal lavoro. Una perdita per la mia azienda”.
Non è stato incoronato imperatore, con la maglia tricolore, lui che dal nome è già imperatore. Marco Aurelio Fontana, additato come colui che avrebbe fatto cadere Franzoi, dichiara candidamente. “A Enrico ho mandato anche un sms. Non mi ha ancora risposto. Certo, mi dispiace che sia caduto e si sia fatto male. Ma soprattutto dispiace che dica che causa della sua caduta sia io. Enrico voleva passare dove non si poteva passare. In un punto strettissimo. Con il manubrio ha agganciato la siepe ed è caduto a terra di testa. Lo dico chiaramente, non mi sento di essere stato scorretto. E dico anche chiaramente che se nel passato con Enrico abbiamo avuto qualche screzio, il rapporto nel tempo è migliorato. Non avevo bisogno – sottolinea la medaglia olimpica – di buttarlo a terra per andare a conquistare il terzo posto sul podio. In testa c’erano già i gemelli Braidot. E con la caduta che c’era stata in precedenza con me e Bertolini, in ogni caso Enrico si sarebbe piazzato settimo od ottavo”.
E’ molto più filosofo negli ultimi anni Marco Aurelio, come lo era lo stesso imperatore Marco Aurelio, filosofo e scrittore. Conosce i propri limiti, le proprie potenzialità e così anche quelle degli avversari. “Che mi serviva spingere Enrico contro la siepe. Ci si è trovato lui. Ed è caduto di testa. Tant’è vero che mi sono prestato subito per soccorrerlo. Perché l’ho visto un po’ frastornato. Insomma, facendo attività a livello internazionale conosco le regole di comportamento. Così come le conosce Enrico. Io ero già sulla mia corsia, forse lui pensava di riuscire ad anticiparmi nel punto più stretto. Non è andata così. Ora gli auguro una pronta guarigione e spero di vederlo il prima possibile per stringergli la mano”. Insomma la pax augustea per Marco Aurelio, imperatore di Roma, c’è già.
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