La strada sembra infinita. Guardi il cielo e ci sei dentro. Guardi la strada ed è sofferenza. Ma la sofferenza mentre scali quelle pendenze, quegli strappi che ti spaccano in due il cuore e il fiato ti possono aprire le porte di quel cielo nel quale sei immerso completamente. Avvolto di nuvole e sole, vento e pioggia, fatica, neve e tormento. Lo scalatore è questo.
Una razza d’uomo e d’atleta che non si accontenta. Quel cielo lo vuole aprire, entrarci dentro come in una donna quando ci fai l’amore. Il cielo è salita, la salita è vittoria. E la vittoria è gloria. E l’Olimpo è la meta.
Scalatore, razza in via d’estinzione. Lo scalatore è lo specialista più ricercato nel ciclismo, per lui si muovono popoli, tribù in cammino, disposte a viaggiare di notte, sulle montagne, con camper, tende, auto, biciclette, moto. Un pellegrinaggio senza sosta per vederlo passare anche solo per una manciata di secondi, spingerlo con il soffio di vento, con l’alito vitale, a volte anche carico di vino, perché raggiunga la sua meta. Lo scalatore è la razza emozionale del ciclismo. Ma purtroppo fare l’amore con la salita non è più desiderio di tutti. Il ciclismo è cambiato. E trovare grimpeur non è più semplice come un tempo.
Lo dice anche Marino Amadori, commissario tecnico della nazionale under23. “Ogni anno dobbiamo ricostruire un gruppo di azzurri su cui lavorarci e lo scalatore è il tipo di atleta che diventa merce sempre più preziosa. Anche perché il ciclismo stesso è cambiato. Le salite sono blindate da squadre che non permettono emozione. Bloccano attacchi, fughe o spinte in avanti. Penso alla Sky. Nelle salite del Tour piazzano sei sette dei migliori corridori al mondo, che potrebbero fare tranquillamente i capitani in altre squadre wordl tour e tutti a lavorare per Froome. Alcuni team impongono ritmi fortissimi – continua il tecnico di Predappio – e a livello professionistico è sempre più difficile fare la differenza. I corridori viaggiano con watt altissimi, gli scatti che si riescono a fare vengono sviluppati negli ultimi, tremila metri, al massimo. Poi ti vengono a riprendere. Chi è l’atleta che ha la forza oggi di fare la differenza e sparare la cannonata lasciandosi tutti alle spalle con vantaggi abissali come accadeva un tempo”.
Scoprire le doti di scalatore di un atleta diventa sempre più difficile. Ed è per questo che il ciclismo moderno si sta orientando sempre più verso la multidisciplina. Verso atleti che arrivano dal fuoristrada, mtb, ciclocross, bmx. Razza forgiata dalle salite in mezzo a radici, alberi, rocce, abituata a scalare in impennata i sentieri. La strada forma certamente, ma il fuoristrada ti solidifica, il fisico e il carattere. In vista ad esempio dei mondiali di Innsbruck, in Austria, il prossimo anno, la macchina federale si è già messa in moto.
“Cercasi scalatori” sembra l’appello di De Candido, Amadori e Cassani. Ed è iniziata la lunga selezione dei corridori emozionali, una sorta di story telling nel quale raccontare emozioni, salita, doti, qualità, scalatori. Un lungo percorso di avvicinamento per ricostruire un movimento che si deve adattare a un ciclismo contemporaneo fatto anche di bizzarrie alla Sagan, che per inciso, tre mondiali, arriva dalla Mtb e dal fuoristrada.
“Non dimentichiamo comunque – chiosa Amadori – che i migliori scalatori li abbiamo noi. Nibali su tutti. O Moscon. Guardate che ha fatto alla Vuelta, riuscendo a lavorare per il suo capitano, operando una selezione pazzesca in salita. E Moscon con la salita ci sa fare. Moscon così come Conci, under23 passato già in una squadra wolrd tour e che potrebbe affrontare tranquillamente il mondiale di Innsbruck. O lo stesso Matteo Fabbro, tra i migliori scalatori italiani. Certo, ha avuto sfortuna al Tour de L’Avenir, ma comunque c’era, era li davanti a lottare con i migliori. O ancora, parlando di under23 oltre a Conci anche Raggio, tra i professionisti Formolo e un Villella in grande crescita. Tra gli under altri elementi di grande spessore sono Alessandro Monaco e Andrea Cacciotti, Francesco Romano. Ma stiamo scoprendo comunque tanti altri giovani, sia stradisti o che arrivano dal fuoristrada e che alla strada potrebbero dare tanto”.
Insomma un appello e un invito ai tecnici dei team di segnalare scalatori, di crescerli, di saperli individuare. Perché lo scalatore è emozione , è tenacia, è forza, ma anche business. E il ciclismo adesso ne ha tanto bisogno.
Per non dimenticare mai Pantani, quando l’Italia si fermava per vederlo entrare nel cielo e nelle nuvole.
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