Perché una maglia di campione italiano non si nega a nessuno. Pure io l’ho indossata due volte, nel 1998 e 1999. Pubblicista mentre facevo la trafila da giornalista professionista.
PURE IO… – In bicicletta andavo sempre, ovviamente bici con cestino, da casa al Liceo Canova in centro città, a Treviso e poi da casa alla stazione dei treni, a Treviso per andare poi all’Università a Venezia dove mi allenavo “su e zo pa i ponti”… Prima donna in assoluto a vincere il campionato italiano strada giornalisti. Prima di me era riservato solo ai maschietti. Due vittorie consecutive. Ma io mi allenavo forte e, soprattutto, si correva con il sorriso sulle labbra. Del resto nella mia vita agonistico – sportiva avevo fatto pattinaggio artistico a rotelle e sul ghiaccio, sci, e tanti anni di atletica. Persino i campionati italiani avevo fatto, a Torino. 400 e 800. E 1500. Ero mezzo fondista. Vinsi anche un titolo regionale di “corsa campestre” come si chiamava un tempo il cross, ovviamente nell’atletica invernale. E praticai pure un po’ nel rugby femminile. A Treviso le Pink Panter vincono da decenni tutti i campionati possibili. E anche un po’ di tiro con l’arco. Nuoto no. Affogavo. Insomma, con tutto lo sport praticato per fare la “corridora” qualche numero lo avrei avuto. I miei due titoli italiani li ho vinti con una bici Pinarello Montello, datata 1986 o giu’ di li e ora decisamente vintage. Con quella potrei farci pure l’Eroica. Vero Brocci…?
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TRICOLORI PER TUTTI… – Insomma, che sia un titolo di boccette e freccette o un titolo di campione italiano di ciclismo strada professionisti come quello vinto da Nibali o Aru, sempre maglia tricolore è. E il ciclismo ha un vantaggio incredibile rispetto a tutti gli altri sport. Con la sola bicicletta si possono vincere titoli su strada, in pista, nel ciclocross, nella mtb, nella bmx, nel downhill, nel ciclopalla, a cronometro, nel km da fermo. Insomma in tutte le salse è concesso diventare campioni italiani, europei o mondiali. Come tra i giornalisti o tra gli ex professionisti e addirittura nella fixed.
Perché nell’ultimo fine settimana sono andate in scena, in Italia, ben tre sfide tricolori, nel ciclismo. Giornalisti, scatto fisso e la pedalata tricolore degli ex-prof. Una vera e propria abbuffata di campioni italiani. E in tantissimi a partecipare. Per la fixed era importante che la Federazione cogliesse al volo l’opportunità di appropriarsi e lanciare una specialità del ciclismo che attira tanti giovani.
IN POCHI AL TRICOLORE – Ma se i tricolori, chiamiamoli così, “di contorno”, fanno il pieno di iscritti, purtroppo il ciclismo vero, quello che noi amiamo, quello su strada, quello che ci ha regalato campioni come Coppi e Bartali, Moser e Saronni, Argentin o Nibali, registra un calo sempre più preoccupante. Il caso più eclatante riguarda il titolo italiano cronometro a squadre. Si correrà il 30 settembre prossimo a Treviglio, nella bassa bergamasca.
Una società, la Trevigliese, entusiasta dell’organizzazione, desiderosa di fare bene. E che ha intenzione di continuare nella messa in cantiere delle cronosquadre. Ma se da un lato c’è l’entusiasmo, dall’altro potrebbe esserci, ahimè scarsa partecipazione. Per gli allievi e gli junior magari qualcosa in più, nel mondo dei dilettanti invece serpeggia il malumore. Su 58 team Elite-Under23 registrati in Italia, 58 sulla carta, solo otto, e forse sono tanti, i team appunto che vorrebbero correre il campionato italiano cronometro a squadre. E sull’argomento c’è in corso una bella disputa. Chi lo vorrebbe ancora per quest’anno riservato ad Elite e Under23. Perché magari alcuni team hanno puntato prevalentemente sugli Elite, e già togliendo il campionato italiano su strada, per questa fine stagione, magari si poteva regalare un’ultima soddisfazione prima di appendere la bici al chiodo.
Un anno di transizione insomma prima di affidarlo solo agli Under23. Chi ha scoperto del campionato italiano solo pochi giorni fa e si è già programmato diversamente con gare, organizzatori e corridori, chi non ha quattro Under23 da schierare al via perché magari qualcuno ha già smesso, chi non è in possesso delle bici a cronometro, chi non sa come preparare i corridori.
ADDIO TEMPI D’ORO – Perché purtroppo finita l’era di Zenoni e Gregori, i più grandi commissari tecnici della storia degli juniores e dei dilettanti, che sapevano preparare i dilettanti per i mondiali o per le gare a cronometro di livello internazionale, di tecnici in grado di preparare le crono bisogna cercarli con il lumicino. Chi non ricorda ad esempio il Gran Premio Europa a cronometro che si correva negli anni Ottanta e Novanta a Bergamo, cronocoppie da 70 km, o la Corsa della Pace, gara internazionale per dilettanti corsa in maglia di nazionale dove c’erano sempre lunghissime cronometro, o il Giro delle Regioni, quando ogni regione portava un quartetto facendogli correre una Cento Chilometri. Per non parlare appunto della famosa gara mondiale, la Cento Chilometri a squadre, la gara più bella e spettacolare in assoluto. Gregori era il deus ex machina, portava i corridori ad allenarsi nella bassa veronese, lungo tangenziali deserte, ora purtroppo cariche di traffico o sulla E45 a Ravenna. E per vincere la sfida di Villach mise addirittura un filo di metallo, legando i corridori dallo scollo della tuta al manubrio perché gli azzurri non cambiassero l’assetto in bici durante la gara. Vero ciclismo, eroico ed empirico, ma vincente.
Finita l’era della Coppa Adriana, storica cronometro a squadre riservata agli juniores e la Cento Chilometri per i dilettanti o la Settanta Chilometri per gli juniores, quando addirittura si faceva a gara per parteciparvi, è finito lo spettacolo. Forse ci saranno sei, massimo otto formazioni al via, tra i dilettanti-Under23, al campionato italiano cronosquadre.
E’ vero che una maglia di campione italiano non si nega a nessuno. L’hanno data pure a me. Ma qui si parla di atleti che si devono preparare per affrontare il mondo dei professionisti, mondo nel quale stanno tornando di moda le cronometro. Ci stanno bene le fixed, ben vengano, anche i giornalisti campioni e gli ex pro. Certo la Federazione Ciclistica ha intrapreso una linea, dettata dall’Uci, di investire sulla categoria Under23 per quanto riguarda i dilettanti, come accade in tutto il mondo. Il resto sono elite, ovvero open, da inserire nei team Continental, Professional e World Tour. Insomma un mondo completamente diverso.
Ma una riflessione a questo punto devono farla sia le società che la Fci, pianificando con largo anticipo eventi e programmando la preparazione in vista dei mondiali, per tornare ad essere competitivi come lo era il ciclismo nostrano quando c’erano Zenoni e Gregori.
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