Le continental battono nove a otto le professional. A fare il paro tra le due compagini c’è la nazionale italiana che però su sette corridori ne ha due che corrono in mountain bike. In preparazione, su strada per le Olimpiadi di Tokyo che si disputeranno fra sei mesi…intanto sul lungomare di Laigueglia ci si fa la gamba. Ciclismo italiano in bilico. Il vero ciclismo, purtroppo, adesso, si fa lontano dai fasti dei lungomare di un tempo. Quando il tanto caro Felice Gimondi veniva qui a svernare e a debuttare nella prima corsa italiana, in un luogo dove ha persino conosciuto la moglie e dove si ritrovavano in ritiro tutte le squadre italiane.
Era il lungomare tra Alassio, Laigueglia, Sanremo che accarezzava, con il dolce tepore del primo sole e del primo calore, i corridori che a grappoli facevano avanti e indietro sulla Cipressa, sul Poggio, sul Capo Mele. Fasti di un tempo che non torneranno più. La San Geo si correrà tra una settimana. Eccetto gli otto team professional, compresi i tre italiani, dalla Bardiani, alla Androni e alla Vini Zabu’, poterebbe davvero sembrare la partenza di una gara Under 23. I team World Tour sono impegnati altrove, al Giro di Colombia, o in altre parti del mondo, in Francia, in Australia.
Un ciclismo ormai a doppia velocità. E per fortuna ci sono organizzatori che hanno ancora voglia di investire in queste corse, ma sembra di stare, come si dice in gergo ciclistico, a bagno maria, a metà tra la fuga (World Tour e Professional ) e il resto del gruppo che insegue (dilettanti). Un ciclismo in attesa, un pò come l‘Aspettando Godot di Samuel Beckett, di un Godot che non arriva mai, e si macera nel dubbio, nelle aspettative, nelle illusioni e nelle delusioni.
O come nel Deserto dei Tartari, di un assalto imminente al fortino ma che rimane un miraggio. Ecco il ciclismo attende una riforma che in tanti ancora non capiscono, calata dall’alto, che costringe i team di vertice, la super serie A del ciclismo, la Champions delle due ruote, ad avere i team continental, ma che poi nella fretta fa combinare danni come il caso del team Monti di cui tanto si è parlato in questi mesi. Un ciclismo d’attesa, attendista come in una corsa quando parte il corridore all’attacco e si perde l’attimo valutando se andarlo a riprendere o lasciarlo andare in fuga, per farlo distruggere dalla fatica e poi farlo ritirare.
Un ciclismo che ha bisogno di una svolta vera, moderna, ma ancora legato dai gangli del passato. E intanto lasciamo scivolare le ruote lungo le strade di Laigueglia, il lungomare ligure, tristemente lasciato al suo destino mentre crollano ponti, gallerie e strade che franano. Ricordiamoci questo numero, 9 a 8. Le continental vincono e salvano il ciclismo italiano. Almeno a Laigueglia. Ma che ciclismo è questo?