Alea iacta est. Insomma il dado è tratto. Dopo un lungo braccio di ferro e una trattativa convulsa come in un sequestro di persona, da una parte la giuria internazionale del Giro d’Italia Under 23 che teneva in pugno un gruppo di quasi settanta corridori e dall’altro capo del tavolo gli organizzatori, Marco Selleri e Davide Cassani, si è giunti al compromesso “storico”.
Perché ormai tante cose in questo Giro d’Italia stanno ribaltando il vecchio ciclismo. Il dado è stato tratto. Si è alzata l’asticella del tempo massimo per quel gruppo giunto al traguardo di Pergine Valsugana fuori tempo massimo. Un gruppo di quasi settanta corridori, la gran parte italiani ahimè, che hanno pedalato in scioltezza senza che nessuno li avvisasse del rischio di andare a casa qualora fossero transitati nell’amena località trentina senza rispettare il cronometro. E il dio Kronos non perdona. Scandisce il ritardo e lo scandisce la giuria.
A dir la verità si era partiti da Dimaro sotto la pioggia battente, con un pò di ritardo, tanti i corridori che hanno già lasciato questo Giro. La febbre a farla da padrone. E la voglia di arrivare presto, la voglia quella dei primi, al traguardo. Tanto che hanno portato a termine la gara con oltre 47 di media. La cronotabella del Garibaldi del Giro Under23 riportava andatura massima 42. Un 5 per cento in più che ha rischiato di mettere fuori gioco chi sta prendendo il ciclismo un pò troppo alla leggera.
La media più veloce era 42 da Garibaldi, la media reale 47, quindi pari e patta e il gruppone s’è salvato. Con buona pace degli organizzatori. Davide Cassani, tra gli organizzatori, stavolta ha dovuto far valere tutte le proprie ragioni di super visore delle nazionali. “A noi questo Giro serve. Serve alle nostre nazionali. Ci corrono i giovani professionisti del futuro, altrimenti con chi andrò a correre tra qualche anno ai mondiali se non mi passano professionisti e di livello?”.
Un quesito di non facile soluzione. E’ vero che il livello di questo Giro è un pò così?
“Assolutamente no, per quanto riguarda gli stranieri. In gruppo c’è gente abituata a correre tra i professionisti. Che ha fatto la Vuelta, che gira il mondo. Che passa dalle Continental alle world tour, che fa corse a tappe”.
Si trattiene Cassani. Ma lo aggiungiamo noi. Gente in questo Giro under23, stranieri ovviamente, che non fa i soliti circuiti su e giù sempre per le stesse colline. Una volta in su e la corsa dopo in giù. Qui c’è gente che fa davvero il professionista. I nostri, purtroppo vanno fuori tempo massimo.
“A chi mi dice perché mi sto impegnando così tanto con il Giro Under23 rispondo – continua Cassani – che noi abbiamo bisogno di portare avanti queste corse per alzare il nostro di livello che francamente si sta abbassando sempre di più per tante situazioni. Serve tempo per ricostruire un movimento, serve voglia, servono sacrifici.Ed anche i nostri corridori devono capire cosa vuol dire confrontarsi con gente che già a 21 anni prende il ciclismo come professione vera, senza giocare a fare il corridore, senza scherzare”.
Basti solo un raffronto. Nel 2011 in una tappa del Giro d’Italia under23 dei primi dieci arrivati, nove erano italiani. Tra questi Moreno Moser, Salvatore Puccio, Matteo Trentin. Nella tappa di Dimaro nei primi dieci nemmeno un italiano. Oggi a Pergine si salvano Covi, Lonardi, Corradini e Giuriato. Davanti invece c’è gente come Stannard che a breve lo vedremo in qualche World Tour. I nostri? Suonano la ritirata e arrivano fuori tempo massimo, salvati solo dalla trattativa Cassani – Selleri. Altrimenti il Giro nelle ultime quattro tappe sarebbe partito con solo una settantina di corridori.
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