Gareggiare con il Covid-19? Meglio posare le armi. Constatazione dura, forte, pesante, ma l’impressione è che ci vogliano davvero mettere piede a terra, sganciare il pedale dallo scarpino e appendere la bici al chiodo. Gli organizzatori li possiamo definire eroi del nostro tempo. Chi davvero ha voglia di fare ciclismo, di far correre i ragazzi, siano essi esordienti o professionisti, chi mette in campo strutture, organizzazioni, fa appoggiare le transenne sui nastri d’asfalto meriterebbe la medaglia d’oro del Coni al Valore sportivo e civile.
Un plauso a chi ha messo in piedi le prime cronometro e le prime corse su strada, da Roveredo in Guà all’Autodromo di Imola e avanti. Le difficoltà sono infinite e immense. Punzonatura in autodromo di Imola. Gli chaperon, i medici, il personale infermieristico, abituato a gestire cadute, le suture ai corridori, medicazioni e trasporto in ospedale o accompagnare gli atleti ai controlli antidoping si devono occupare pure dei test sierologici al personale, senza guardare in faccia nessuno. Forse non è chiaro che il ciclismo e lo sport fanno bene alla salute, allontanano i problemi fisici e aiutano il sistema sanitario a non far spendere ulteriori denari pubblici per mantenere in forma il fisico e non pesare sulle Ulss e quindi sulle nostre tasche.
Ecco il test Covid 19, il famigerato sierologico. Un piccolo kit come quello per diabetici, ti pungi il ditino, esce la goccetta di sangue che va a confluire in un foro nel quale viene inserito un reagente e che fa salire il livello del sangue versato, lungo una strisciolina che poi cambia colore. Una sorta di test di gravidanza effettuato su tutti quelli che entrano all’autodromo o per avere la certezza che non ci siano rischi o persone malate.
Risultato: tutti sani. Il ciclismo è sano, è uno sport e come tale fa bene, anche al morale di tutti quelli che ci hanno sempre lavorato. Dai corridori di 17 anni ai collaboratori che posano le transenne che sono in area a rischio covid in quanto ultrasettantenni. In autodromo solo gente sana. Ma anche lungo le strade, chi segue il ciclismo è gente sana, gente che mantiene in forma il fisico. In forma non sono le strade invece che molti sindaci non tengono in ordine, non sono in forma nemmeno i Prefetti che non concedono i permessi per transitare sulle strade e far rinascere uno sport che sulle strade è nato e sulle strade potrebbe morire.
Nella sola Marca trevigiana in un giorno sono saltate sei corse. Sei gare importanti per la ripartenza, sei gare per allievi, juniores, under 23 ed elite. Non sono stati concessi i permessi per gareggiare e quindi poter chiudere le strade per far transitare i corridori. E’ bene che le federazioni locali, dalle Alpi alla Sicilia facciano un esame di coscienza. E’ più importante far correre i ragazzi e dar nuova linfa a questo nostro amato sport o pensare a elezioni e webinar?
Il ciclismo eroico deve andare avanti. Forza organizzatori, tenete duro, combattete contro la burocrazia bizantina, riprendetevi le gare. Oppure sganciamo le scarpette, tiriamo i freni e appendiamo la bici. Ma sarà solo una sconfitta, globale, per tutti. I corridori tengono duro in salita per conquistare la vetta. Tenete duro anche voi e pedalate insieme agli atleti per il bene del ciclismo.