Ordine d’arrivo:
1° Elia Viviani (Quick Step Floors)
2° Giacomo Nizzolo (Trek Segafredo)
3° Alvaro Josè Hodeg (Quick Step Floors)
4° Riccardo Minali (Italia)
5° Mark Renshaw (Dimension Data)
6° Reinardt Janse Van Rensburg (Dimension Data)
7° Simone Consonni (UAE Team Emirates)
8° Marco Canola (Nippo Vini Fantini)
9° Mihkel Raim (Israel Cycling Academy)
10° Jalel Duranti (Italia)
Classifica generale:
1° Ivan Ramiro Sosa (Androni Sidermec)
2° Edward Ravasi (UAE Team Emirates) a 18”
3° Giulio Ciccone (Bardiani Csf) a 45”
4° Ildar Arslanov (Gazprom Rusvelo) a 1’13”
5° Peter Stetina (Trek Segafredo) a 1’38”
6° Ben Hermans (Israel Cycling Academy) a 1’45”
7° Simone Petilli (UAE Team Emirates) a 1’51”
8° Gianluca Brambilla (Trek Segafredo) a 1’54”
9° Pieter Weening (Roompot) a 2’03”
10° Valerio Conti (UAE Team Emirates)
I due tratti di sterrato che Moreno Argentin ha studiato per questa Adriatica Ionica Race, inconsapevolmente transitano su aree archeologiche. Perché Aquileia fu il porto tardo romano più importante dell’Adriatico.
Moreno Argentin voleva storia, cultura arte, e l’ha avuta, sempre inconsapevolmente. Perché nella giornata dedicata all’arrivo nella terra dei patriarchi, ricordando le antiche chiatte che risalivano il fiume dal mare e attraccavano alle banchine dell’immenso porto di Aquileia, dove arrivavano grani, olio, vino dalla Grecia e dal Sud Italia, c’è pure open dai archeologico organizzato dalla Fondazione Aquileia. E’ stato riaperto uno scavo, quello della Domus delle Bestie Feroci con mosaici che non si erano mai visti prima, e a illustrare il tutto l’Università di Padova, depositaria degli scavi. Sterrato archeologico insomma.
Anche Moreno Argentin deve fare i conti con la romanità, che abitava questi luoghi prima della serenissima, nel progetto dell’Adriatica Ionica che parte dal mare veneto, dalle rotte di Marco Polo e scende fino alla Grecia che un tempo fu dominio veneziano. Una tappa comunque spettacolare, lunghissima, e che davvero interpreta il senso e l’idea dai monti al mare. E che si tratti di montagna o di mare quando incontri un Elia Viviani a questi livelli, nulla lo può fermare. Anche Grado porta la soglia del veronese di Oppeano.
“Tappa spettacolare – racconta il campione olimpico che vince dal primo giorno, dalla cronosquadre a Maser per passare poi a Grado appunto, mettendo un altro puntino pure su Trieste -. Mi è piaciuta davvero. Lunga ma con i due tratti di sterrato che hanno fatto differenza e selezione. Due tratti corti ma che hanno fatto salire l’adrenalina alle stelle. Dopo i primi quattro chilometri, il secondo settore era duro non dico come una salita ma con le gambe si va davvero in crisi. Abbiamo mandato in avanscoperta Niki Tepstra, specialista come tutti i belgi e olandesi degli sterrati e del pavée. E’ riuscito a ricompattare il gruppo e a contenere Cavendish. Ho preso la volata di testa e l’ho spuntata anche stavolta. Ho avuto grande freddezza, devo ammettere, dopo 230 km, di affrontare una volata di questo livello. Non è cosa da poco”.
Sorride Massimo Ghirotto, il granatiere di Rovigo, chiamato assieme ad altri ex compagni di squadra in Gewiss e altri team, come Emanuele Bombini o Mario Beccia, da Moreno Argentin ad aiutare nella Adriatica Ionica Race. Corridori d’altri tempi, amici di sempre. Sorride, dicevamo , Massimo Ghirotto. Guida l’auto della giuria. E osserva la corsa da dentro. Ha parole di elogio oltre ovviamente che per Viviani, anche per Ivan Ramiro Sosa Cuervo, il piccolo scalatore colombiano in testa alla classifica generale della Adriatica Ionica Race e vincitore del tampone sul Giau. “Mi ha fatto veramente sorridere – dice sornione il Ghiro -. Uno scricciolo di nemmeno 160 cm, peserà si e no bagnato 50 kg. Era li che sbandierava al vento, sullo sterrato.Stringeva i denti, teneva duro, non mollava di un metro. Sullo sterrato era a tutta, ha riagganciato il gruppo e ha tentato pure la volata. La maglia la veste ancora lui. Se la merita tutta”.
Ne parla con entusiasmo anche Gianni Savio, il suo team manager all’Androni Giocattoli, da quasi 40 anni sulla scena del professionismo con i suoi colombiani e venezuelani. Ogni anno ci ha abituato ad una scoperta. Arriva dal distretto di Bogotà e da una delle zone importanti per il ciclismo anche se non propriamente Bojacà. “E’ forte ma ha ancora molto bisogno di crescere. Deve approfondire la preparazione a cronometro. Lavorare i funzione delle prove contro il tempo, è ancora debole su quelle, poi potrà pensare a diventate un corridore di livello. Ma intanto lasciamolo crescere”. E sul fatto che l’Androni non l’ha lasciato partecipare con la nazionale al Giro d’Italia Under23 con la nazionale colombiana: “Qualcuno vuole paragonare Sosa a Egar Bernal. No, Bernal va forte anche a cronometro. Per Sosa tutto è ancora prematuro. Fare una corsa a tappe di dieci giorno e pesante come il Giro d’Italia Under23 sarebbe stato forse un pò troppo per il piccolo Sosa. Deve imparare ad amministrare e dosare le forze per non arrivare in riserva a fine stagione con la spia rossa. Forse per quest’anno per lui sarebbe stato troppo”.
Intanto dovrà combattere, Sosa, con un feroce Giulio Ciccone, a soli 45” di distacco. La tappa che da Grado va a Trieste o può prevedere un attacco della Bardiani, tirata da un passistone come Simone Andreetta assieme al compagno di merende Alessandro Tonelli per fare il buco e favorire Ciccone , oppure il poker di Viviani e la maglia della generale a Sosa, con una Androni messa alla frusta dal diesse Ellena per portare a Trieste il piccolo scalatore sceso dagli altopiani della Colombia. E su quelli del Carso magari si potrebbe pure trovare bene. Intanto ha superato gli sterrati archeologici…
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