Di campioni Giancarlo Rinaldi ne aveva aiutati parecchi. Ma il suo capolavoro era stato quello del 30 maggio del 1999 quando, durante la 15^ tappa del Giro d’Italia – con arrivo nel santuario di Oropa – alle falde della salita conclusiva, Marco Pantani dovette fermarsi e mettere i piedi a terra. La catena è saltata e il Pirata rischia di perdere quella maglia rosa conquistata il giorno prima. Poi – all’improvviso – sul teleschermo compare il muso di un’ammiraglia Shimano e poi la sagoma di un uomo. Corre trafelato, ma i suoi gesti sono di una pulizia chirurgica. Bastano due rapidi movimenti e Pantani è di nuovo in sella e, di lì a poco, firmerà una delle rimonte più entusiasmanti della storia del ciclismo moderno.
Un pizzico di merito di quella memorabile pagina di ciclismo lo si deve a Giancarlo che, questa mattina, nella sua abitazione di Bergamo, circondato dall’affetto di sua moglie e dei suoi tre figli, si è arreso dopo una lunga malattia.
Dopo una folgorante carriera nel mondo delle corse professionistiche, Rinaldi negli ultimi anni aveva scoperto l’universo delle granfondo ed era diventato il responsabile del “Neutral Service”, ovvero quel servizio di ammiraglie che supporta con un’assistenza meccanica “neutrale” tutti i ciclisti durante le varie fasi di una competizione. Un lavoro svolto con l’abituale perizia e competenza, almeno fino a quando la malattia glielo ha permesso.
Anima del team Orobica, una vera eccellenza del ciclismo italiano, Rinaldi – che avrebbe compiuto 67 anni il prossimo 3 dicembre – ha avuto, prima con la scorta neutrale di Shimano e poi con Scott, una lunga e ricca carriera nel mondo delle due ruote. Con la sua professionalità ha assistito i più grandi campioni degli ultimi 40 anni, diventando una delle presenze più preziose ed amate all’interno del gruppo.
Poi negli ultimi anni la voglia di esplorare anche il mondo dei ciclo-amatori. Maurizio Rocchi aveva pianificato una stagione ricca di progetti. Ma, prima il Covid e poi un grave male, gli hanno stravolto i piani.