All’anagrafe è John Darwin Atapuma Hurtado. Per tutti, semplicemente Darwin Atapuma. O, meglio ancora, “Il Puma”. Un nome altisonante, che rimanda al biologo e naturalista britannico Charles Darwin – autore de “L’origine della specie” -; un soprannome che richiama l’elegante e indomito felino, rigorosamente di montagna; un fisico minuto, da scalatore.
Colombiano classe 1988, dai monti di Tuquerres è approdato sulle strade d’Europa a bordo di una bici, gareggiando prima con il Team Colombia di Claudio Corti – con la cui livrea ha centrato il successo nella quarta tappa del Giro del Trentino 2012 e nella sesta del Tour de Pologne 2013 – per poi passare, nel 2014, tra le fila della WorldTour BMC.
IL CORAGGIO DI PROVARCI – Quanti e quali sogni possono regalare le due ruote, se si ha il coraggio di viverli fino in fondo. E il coraggio, a questo 28enne sempre sorridente, non manca di certo. L’ha dimostrato anche nella decima tappa del 99° Giro d’Italia, dominata da Giulio Ciccone, quando ha colto il bronzo e, soprattutto, nella quattordicesima, la temibilissima Alpago-Corvara, in cui si è inserito nella fuga di giornata e, poi, ha rilanciato in solitaria arrivando a un passo dal trionfo. Nel tappone dolomitico l’esultanza, tanto cercata con un’azione dal retrogusto epico, per questo sudamericano votato alle scalate più esigenti è sfumata a duemila metri dalla fettuccia bianca, quando un terzetto forte del connazionale Esteban Chaves – che poi quella frazione se l’è portata a casa -, Stevan Kruijswijk – che non ha vinto, ma si è preso la Maglia Rosa -, e Georg Preidler, l’ha riacciuffato infrangendo ogni possibilità di gloria.
“Abbiamo provato a essere protagonisti, in quella tappa.” “Il Puma” stringe la mano, gentilissimo come sempre, svettando dal suo metro e sessantasette nella livrea rosso-nera della compagine statunitense e, poi, ricomincia a raccontare. “Ho cercato di vincere, ma la vittoria non è arrivata. Sono comunque contento e motivato.” Anche se, ha “confessato”, “quando mi hanno ripreso ero, certamente, triste. Quel giorno ho dato il tutto per tutto. Ringrazio la squadra e i miei compagni, che mi supportano, mi danno forza e consapevolezza.” Quel giorno, in Alta Badia, ha chiuso quarto. Tentando nel finale un mezzo sprint, in un encomiabile ultimo guizzo d’orgoglio, ma issando poi bandiera bianca davanti alla inevitabile stanchezza per i tanti chilometri vissuti nell’avanguardia. “No, ero a ‘tope’. Ero al cento per cento” sottolinea, con il solito garbo, nel commentare la mancata volata.
DUE GIORNI “BUONI” – Per un uomo con le sue caratteristiche, a proprio agio quando l’asfalto si impenna nella maniera più prepotente verso il cielo, di terreno per attaccare prima del congedo di Torino ancora ce n’è: i due tracciati-monstre alpini della Pinerolo-Risoul – con il Colle dell’Agnello a fare da preludio al finale transalpino in quota di prima categoria – e la Guillestre-Sant’Anna di Vinadio. “Penso che siano due giorni buoni, per me. Spero che la condizione mi supporti e di avere buone gambe, in modo da riuscire a ottenere un buon risultato. Sono contento perché le gambe girano bene e questo mi dà grandi motivazioni. Credo, comunque, che la mia condizione sia migliorata, rispetto ai primi giorni e questo mi dà fiducia in vista di questi due giorni di alta montagna.”
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