Dopo Marcel Kittel anche un altro “big” del calibro di Tom Dumoulin si è preso una pausa. Il campione olandese che nel proprio palmares vanta un successo al Giro d’Italia ha lasciato il ritiro della Jumbo Visma per riprogrammare il proprio futuro. Per il momento non prenderà più parte a gare e allenamenti.
“Ho deciso ieri e la squadra mi ha sostenuto. E’ davvero come se uno zaino di cento chili mi fosse scivolato dalle spalle. Mi sono svegliato subito felice. E’ così bello che io alla fine ho deciso di prendermi un pò di tempo per me stesso e questo la dice lunga”. Parole pesanti come macigni quelle espresse da Tom Dumoulin che evidenziano una volta di più come il mondo del professionismo abbia raggiunto negli ultimi anni dei picchi decisamente difficili da sostenere anche per gli atleti più forti del gruppo.
“E’ da tempo che faccio fatica a fare il corridore. La pressione e le aspettative che ne derivano sono troppe: io voglio solo fare del mio meglio per tante persone. Voglio che la squadra sia felice con me, che gli sponsor siano soddisfatti, che mia moglie e la mia famiglia siano contente. Voglio fare bene per tutti ma questo mi ha fatto dimenticare di me stesso nell’ultimo anno. Cosa voglio? Voglio essere ancora un corridore e come?” ha concluso Dumoulin che esce quindi di scena dal World Tour con un clamoroso colpo di teatro alla vigilia della nuova stagione che proprio oggi scatta in terra spagnola.
La scelta di Dumoulin porta a chiedersi chi sarà il prossimo a mollare anzitempo la carriera del professionista? Una lista lunga e ricca di nomi illustri che hanno gettato la spugna nonostante il loro fisico fosse ancora in grado di garantire delle prestazioni di alto livello.
Un ciclismo globalizzato, un World Tour iper-tecnologico, che sembra aver perso il cuore e il volto umano che hanno reso popolare il ciclismo: una professione nella quale, sempre più spesso, bisogna essere giovani, vincenti e con il sorriso a tutti i costi. Dove l’età media dei protagonisti si è abbassata vertiginosamente, alla ricerca del “personaggio” e del “fenomeno” in grado di richiamare l’attenzione. Un calendario da “rockstar” in tour in tutto il mondo, dove contano più i valori rilevati dalla telemetria rispetto ai sentimenti, destinato a bruciare in poco tempo energie mentali e fisiche come il fuoco di una fiamma assetata di ossigeno.
Se il ciclismo è riuscito a superare l’era del doping, o almeno quella di un certo doping, sembra ancora non essere riuscito a mettere al centro dell’attenzione il benessere dei propri atleti da considerare non solo come “macchine” ma, prima di tutto, come persone.
E allora, insieme a Tom Dumoulin, viene davvero da chiederci cosa vogliamo da questi ragazzi? Vogliamo dei corridori umani, capaci di imprese mitiche ma pronti ad accettare anche le loro debolezze, o siamo solo alla ricerca di super-eroi per dare vita ad uno spettacolo consumistico?